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È sempre un po’ triste ascoltare o leggere pensieri manichei. È forse un po’ più triste da una “grande filosofa”. Leggo l’intervista ad Adriana Cavarero su Avvenire e rischio di farmi andare di traverso il caffè almeno 7 volte (“Maternità surrogata, oltraggio alla persona”, 22 giugno 2025).
La surrogata sarebbe un oltraggio alla persona. «La maternità, sia come esperienza sia nella sua essenza concettuale, subisce un oltraggio ontologico, ossia portato alla condizione umana stessa. La capacità generativa diventa oggetto di sfruttamento ai fini del profitto del mercato biocapitalista».
Penso che non può averlo veramente detto. A parte parlare come Diego Fusaro, la grande assente è la possibilità di scegliere. Magari è una cosa che noi non faremmo, ma a chi importa cosa faremmo noi? La domanda cui Cavarero non risponde mai è la seguente: è concepibile che io scelga di portare avanti una gravidanza per qualcun altro? Oppure sarei intrinsecamente e necessariamente sfruttata?
«Si dice che affittare o meno il proprio utero dipende da una scelta libera, anzi, è una prova che le donne godono finalmente di libertà sulla propria vita e sul proprio corpo. Tutto questo è, per me, ipocrita e nauseante. Ho fatto fatica a scriverne e faccio fatica a parlarne». Siccome mi è odioso, sembra dire Cravero, allora è immorale e forse va bene anche che sia illegale. La “nausea” come fondamento delle condanne morali e dei reati.
Poi c’è uno slittamento tipico dei complottisti. Alla domanda e “allora solidale andrebbe bene”?, Cavarero risponde che è «inutile ragionare come se non ci fossero le condizioni che invece ci sono. Detto questo, viene chiamata “maternità solidale” quella di una madre surrogata che non riceve un compenso e perciò presta la sua opera gratuitamente. In verità, si tratta di nuovo di una narrazione di marketing perché la voce “compenso” viene sostituita da “rimborso spese” e la cifra, più o meno, corrisponde al compenso. Sono tutti sotterfugi per far apparire la gestazione per altri come qualcosa di bello e generoso, eticamente non solo lecito ma addirittura edificante».
Tutto è in vendita. Usiamo il nostro corpo sempre. Quando scriviamo, quando recitiamo, quando puliamo i cessi. O Cavarero pensa che sarebbe più gentile da parte nostra lavorare gratis? «Nel mercato riproduttivo biocapitalistico, l’utero diventa, per contratto, proprietà dell’agenzia, la quale controlla, durante la gravidanza, se il prodotto è buono o, in caso contrario, se va abortito in quanto insoddisfacente rispetto alle aspettative dei committenti».
Questa cosa è sbagliata. O meglio, questa cosa si risolve con una buona legge e non con i divieti galattici e nemmeno con l’approssimazione. Se io faccio da gestante devo avere il potere di abortire o di decidere (c’è di mezzo il mio corpo). Ed è proprio in questo spazio che possono nascere dei conflitti difficili da sciogliere ma di cui non arriviamo mai a parlare.
Chissà se Cavarero ha letto qualche legge, come quella inglese. O la proposta di legge curata dall’Associazione Luca Coscioni? Pensavo che non avremmo potuto migliorare il quadro e invece ecco l’eugenetica! Una scelta individuale confusa con una politica coercitiva e imposta.
La gestante, dice Cavarero, «viene perciò arruolata tendenzialmente fra le donne in difficoltà economica dei paesi poveri, che hanno bisogno di soldi e che con il compenso possono migliorare le condizioni di un’intera famiglia, comprese quelle dei figli che hanno già». Di nuovo, serve una buona legge per difendere le persone più fragili (a questo servono le leggi). Ma penso anche: è davvero una cosa solo da condannare? Cioè se scegliendo di fare da gestante faccio vivere meglio i miei figli devo chiedere il permesso a Cavarero? E fare la cassiera va bene? Chi decide che cosa è umiliante per me?
«È bene aggiungere che le donatrici di ovulo sono talvolta giovani studentesse dei paesi ricchi che così si fanno un gruzzoletto da spendere per i loro capricci». Ecco questa cosa è davvero di una ferocia moralistica sconfinata. Cavarero, vuole dirci lei per cosa è lecito spendere i nostri soldi? Vuole farci un elenco di cose giuste e buone e approvate dalle Femministe con la “F”?
«Quanto all’utero artificiale, è un vecchio sogno maschile che troviamo già nel mito greco. Alcune femministe sono arrivate a sognare lo stesso sogno per liberare le donne da una funzione procreativa che le ingabbierebbe nel biologico. Io tuttavia non considero affatto il biologico come una gabbia, anzi, rivaluto l’esperienza della maternità come contatto diretto, complicità, con la natura in quanto processo rigenerativo delle molteplici forme di vita».
Che tristezza. L’immancabile natura che annienta la possibilità di scegliere diversamente. E se lo facciamo siamo capricciose o delle poverette da proteggere. Non c’è cosa meno femminista di questa.