Guai a nominare “Mafia e Appalti”. E guai a suggerire che forse qualcosa non torna nella saga della Trattativa Stato-Mafia. Guai a ricordare che anni di processi, udienze, articoli e fiction sono finiti come dovevano finire: con sentenze che parlano di “congetture”, di teoremi costruiti a tavolino senza neanche l’ombra di una prova.

Ma non basta mai. E così domenica sera, la “nuova” Report, la copia sbiadita di quella che fu la trasmissione di Milena Gabanelli, ha provato a sostenere, con sussurri da retroscena cospirazionista, l’esistenza di una “rete” (sic) composta da “imputati eccellenti”, giornalisti — incluso il nostro Damiano Aliprandi — magistrati e politici. Tutti, pare, impegnati nel “torbido tentativo di offuscare la verità”.

Un’operazione che definirla grottesca è fargli un complimento. Primo, perché migliaia di pagine sull’inesistente Trattativa sono state appallottolate e gettate nel cestino da parte di giudici rigorosissimi con tanto di scuse nei confronti degli ex Ros Mori e De Donno. Secondo, perché questo accanimento mediatico-giudiziario sa tanto di diversivo. Di una distrazione accuratamente costruita per evitare che il dossier Mafia-Appalti venga discusso seriamente in Commissione Antimafia.

Ma a questo punto ci chiediamo; di cosa hanno paura? Forse del fatto che, dopo la morte di Borsellino, quel dossier abbia preso strade tortuose e poi si sia inabissato? O magari hanno paura del fatto che tra quelle carte ci sono nomi e cognomi pesanti, che non si possono pronunciare senza tremare. Nomi che abitano nei consigli d’amministrazione, che siedono dove si firma e si decide. I veri centri del potere, quelli che fanno tremare non solo le gambe, ma anche le poltrone?

E a guidare questa rimozione in Antimafia sono i 5 Stelle, con la benedizione silente di un paio di parlamentari del Pd. Lo scopo? Non si capisce bene. Di certo non è la verità, che nel frattempo ha preso forma in sentenze definitive e in nuove indagini, questa volta serie, sul tema Mafia-appalti.

Il vero mistero è proprio l’adesione senza neanche un sussulto da parte di alcuni esponenti del Partito Democratico, trascinati nella visione grillina dell’antimafia come in un corso accelerato di cospirazionismo NoVax. Ma così facendo rischiano di trasformarsi in strumenti inconsapevoli di una più ampia operazione di rimozione.

E in effetti il momento più surreale di Report, quasi da teatro dell’assurdo, è arrivato quando è apparso l’onorevole Giuseppe Provenzano che, con gesto teatrale e occhi al cielo, ha archiviato il dossier “Mafia-Appalti” con un sorrisino. Inutile arrabbiarsi. Quel sorriso era il sorriso di chi, forse, non sa. Non ha letto, non ha capito o non vuole capire di cosa si stia parlando e di cosa ci sia dentro quelle carte. Di un’inchiesta per cui, probabilmente, Paolo Borsellino ha perso la vita. E ora chissà se Provenzano ride ancora.

Il fatto è che quella inchiesta - mafia appalti - è diventata il tabù dei tabù. Lì dentro, probabilmente, si nascondono molte verità sulle stragi di mafia e sulla geografia del potere italiano degli anni ‘90. E chi fa di tutto per evitare che se ne parli, chi butta la palla in tribuna ostinando a presentare la vecchia e logora filastrocca della Trattativa, rischia seriamente di diventare “complice”.