Una replica a Sansonetti e Veneziani: dopo Bucha non possiamo più mettere sullo stesso piano l’eroismo della resistenza ucraina con i “sacrifici” dei russi

Il caso ha voluto che la notizia dell’annuncio, da parte del ministro degli Esteri russo Sergej Viktoric Lavrov, della esclusione dell’uso delle armi nucleari nella guerra in Ucraina mi raggiungesse sul computer appena dopo avere letto sul Riformista un articolo del direttore ed amico Piero Sansonetti - cui peraltro debbo il mio primo approdo come collaboratore a questo giornale- che mi aveva particolarmente colpito per un passaggio proprio sul rischio di degenerazione atomica del conflitto scatenato da Putin. Un rischio che sarebbe stato sottovalutato, o messo addirittura nel conto “allegramente”, da chi non ha contrastato abbastanza questo evento. O addirittura, anche a sinistra, dove Sansonetti si colloca orgogliosamente, vi partecipa in qualche modo da intellettuale, o da politico, sostenendo gli aiuti militari all’Ucraina forniti anche dall’Italia. E in qualche modo appiattendosi sulla linea del presidente americano Joe Biden, poco interessato - si deve presumere- ad una trattativa con Putin, e conseguente pace, nel momento in cui gli dà del macellaio o del genocida.

Analogo alle preoccupazioni e alle delusioni di Sansonetti è stato, a destra, un articolo di Marcello Veneziani sulla Verità diretta da Maurizio Belpietro, amareggiato pure lui che dalla sua parte politica ci sia troppo allineamento alla politica di Biden e troppo interesse ad una guerra così pericolosa e peraltro vicina a casa nostra, in Europa. L’allusione maggiore è forse a Giorgia Meloni e ai suoi “fratelli d’Italia”.

Contrariamente a quanto forse vi aspettereste, non ho tratto dall’annuncio del ministro degli Esteri russo un motivo più che sufficiente per considerare superate o comunque non condivisibili le preoccupazioni di Sansonetti, pur apparsemi particolarmente stringenti proprio nel passaggio sul rischio dell’uso delle armi nucleari da parte di un Putin messo alle strette, con le spalle al muro, o come altro preferite, dalla forte resistenza degli ucraini alimentata dai sostenitori al di là e al di qua dell’Atlantico. Ho continuato invece a riflettere con una certa inquietudine sull’articolo di Sansonetti chiedendomi se non avesse ragione nella denuncia di una certa prigionia di parte della sinistra - come per Veneziani di parte della destra- “nel sangue del Novecento”, il secolo cosiddetto breve delle due guerre mondiali, cioè delle due carneficine. Che avrebbero dovuto bastare e avanzare per farci ripudiare la guerra davvero, sul piano politico e morale, come previsto d’altronde dall’articolo 11 della Costituzione col suo “ripudio” come “strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.

E’ un articolo, quest’ultimo, che peraltro è stato invocato nel dibattito o confronto politico contro gli aiuti militari all’Ucraina ai quali l’Italia concorre. E invocato con tale forza e insistenza che il presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato è personalmente intervenuto a favore della posizione del governo ricordando “le limitazioni di sovranità” consentite dallo stesso articolo della Costituzione, se “necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni” perseguite dalle “organizzazioni internazionali” di cui facciamo parte. Il presidente del Consiglio Mario Draghi, dal canto suo, ha ricordato che la linea del governo è stata approvata “quasi all’unanimità” dal Parlamento. Tutto a posto, quindi, sul piano costituzionale.

C’è sì del novecentesco, cioè del secolo scorso, come dice Sansonetti, nella promozione, partecipazione e persino rassegnazione alla guerra. O nella considerazione che sia “follia la resa”, come Piero ha voluto scrivere anche nel titolo del suo robusto articolo di riflessione e allarme, non confondibile per per uno dei soliti articoli o delle solite invettive pacifiste: spesso peraltro di un pacifismo a senso unico, invocato solo quando serve per combattere l’avversario politico di turno, o l’alleato scomodo.

C’è tuttavia un altro passaggio dell’articolo di Sansonetti che, pur volendo dubitare dell’attendibilità, sincerità e quant’altro del ministro degli Esteri russo e, più in generale, del Cremlino incredibilmente avventuratosi in questa guerra sconsiderata e altrettanto incredibilmente benedetta dal Patriarca di Moscache non condivido proprio. E’ quello in cui Piero ha messo sullo stesso piano e “fuori discussione l’eroismo degli ucraini e i sacrifici dei soldati russi” in questa maledetta guerra che ci riporta- ripeto- al Novecento, ma che purtroppo è stata preceduta e accompagnata da altre - più di trenta- anche in questo secolo che avevamo sperato diverso.

Stento francamente, specie dopo gli altri 400 cadaveri scoperti a Bucha, a inserire nei “sacrifici” ciò che i soldati russi hanno fatto e lasciato sul territorio ucraino sia avanzando sia, o ancor più, retrocedendo. Lo scrivo pur al netto delle operazioni e cortine propagandistiche che annebbiano tutte le guerre, su tutti i fronti.