Per ora, secondo l’ultima relazione al Parlamento della Corte dei Conti, sono pari a zero le spese stanziate dal ministero della Giustizia per la promozione e sviluppo della formazione professionale per i detenuti. Una questione non da poco, considerando il fatto che il lavoro – non quello volontario, ma quello retribuito e professionalizzante – è funzionale alla rieducazione del detenuto. Ma i dati della Corte dei Conti, descritti nella relazione presentata a giugno scorso, parlano chiaro. L’intervento di istruzione, di formazione professionale, culturale e sportiva rimane quello collocato nella categoria di spesa “Trasferimenti correnti a famiglie e istituzioni sociali private”, che ha visto per il 2019 la previsione definitiva di 7.019 milioni, risultati poi impegnati per 6.546,7 milioni e quasi interamente pagati. Le spese stanziate in via definitiva per l’istruzione, di 5,598.09 milioni sono state impegnate per 5.139,8 milioni, quelle per attività culturali, ricreative e sportive di 980.000 euro sono state impegnate per 960.000 euro e – si legge sempre nella relazione- «quelle per la promozione e lo sviluppo della formazione professionale derivanti dal lavoro dei detenuti sono state pari a zero».

Per corroborare tale dato, la Corte dei Conti fa riferimento alla documentazione fornita dall’Amministrazione precedente.

Relativamente alla formazione professionale, i dati forniti al primo semestre 2019 riferiscono di 230 corsi frequentati da 2.936 detenuti. Per quanto riguarda il lavoro, si registra, poi, la modalità di autoproduzione per le esigenze dell’Amministrazione che va dal settore dell’arredamento ( falegnameria) a quello tessile ( predisposizione di divise ed altro). Al 30 giugno 2019 sono risultati 661 i detenuti impiegati alle dipendenze dell’Amministrazione in attività di produzione cosiddetta industriale ( falegnameria ed altro); 309 in attività agricole.

Sono risultati 2.459 i detenuti impiegati alle dipendenze di datori di lavoro esterni, che per tale ragione godono di agevolazioni fiscali ai sensi della legge n. 193/ 2000 ( legge Smuraglia). Quindi sono numeri da prefisso telefonico, considerando il numero enorme della popolazione detenuta.

Ma la Corte dei Conti sottolinea anche un passaggio in relazione agli adempimenti derivanti dalla recente riforma penitenziaria del 2018, volta tra l’altro all’accentuazione della funzione rieducativa della pena, alla valorizzazione dell’istruzione in carcere, della formazione professionale e del lavoro, nonché dell’attività culturale e sportiva. Ricorda, appunto, che, nella categoria di spesa “Altre uscite correnti”, il “Fondo da destinare alla riforma del processo penale e dell'ordinamento penitenziario” a ciò dedicato ( capitolo di spesa 1773), «è stato ridotto, a seguito della manovra, da una dotazione di 20 milioni su base legislativa previgente rispetto alla manovra di bilancio, a 8 milioni di stanziamento iniziale, nonostante che la legge di bilancio abbia assegnato a valere sullo stesso anche un nuova finalità, di finanziamento degli interventi urgenti per la funzionalità delle strutture e dei servizi penitenziari e minorili».

Purtroppo, nella relazione, la Corte dei Conti non ha affrontato il discorso dell’enorme spesa sull’effettiva produzione dei braccialetti elettronici. Quest’ultimo è un capitolo non del tutto chiaro.