«Può un magistrato parlare di un suo processo attualmente ancora in corso?», si domanda il consigliere laico Pierantonio Zanettin, indicato al Csm da Forza Italia.

Il riferimento è alle dichiarazioni, a proposito della trattativa Stato- mafia, pronunciate dal sostituto procuratore della Direzione nazionale antimafia Nino Di Matteo qualche giorno fa alla festa del Fatto quotidiano a Marina di Pietrasanta.

Secondo Di Matteo, la trattativa che sarebbe stata messa in piedi dopo le stragi del 1993 coinvolse essenzialmente elementi dell’ex sinistra Dc ( Mancino, Mannino, forse De Mita) e dell’ex Pci ( Giorgio Napolitano). E fu proprio quest’ultimo, da presidente della Repubblica, a delegittimarne il processo in corso a Palermo dal 2012 e per il quale la sentenza è attesa entro quest’anno. Oltre a ciò Di Matteo si è lasciato andare a dei commenti sul ruolo della magistratura: «I fatti sono fatti, anche quando vengono giudicati in sentenze come non sufficienti per condannare qualcuno... Adesso la partita è questa: vogliamo una magistratura che si accontenti di perseguire in maniera efficace i criminali comuni (…) o possiamo ancora aspettarci che l’azione della magistratura si diriga anche nel controllare il modo in cui il potere viene esercitato in Italia? Questa è una partita decisiva per la nostra democrazia». Frasi che descriverebbero un “nuovo” compito della magistratura, quello di mettere sotto controllo la politica, cancellando la tradizionale divisione dei poteri prevista nelle democrazie liberali.

Consigliere Zanettin, ha letto?

Si, ho letto. E devo dire che sono alquanto preoccupato del fatto che un magistrato si lasci andare a commenti del genere. Va ricordato che il dottor Di Matteo attualmente riveste il ruolo, assai delicato, di sostituto procuratore presso la Direzione nazionale Antimafia. Sarebbero doverosi maggior riserbo e sobrietà.

Ad essere citato è, tra le altre cose, un processo in cui il magistrato rappresenta tuttora l’accusa.

Un magistrato che parla del suo processo in corso non in un’aula di giustizia ma in un festival giornalistico o in un incontro politico è, almeno dal punto di vista deontologico, poco corretto. Si rischia un condizionamento dell’ambiente in vista della sentenza, che deve essere ancora pronunciata. Sicuramente non i giudici, ma l’opinione pubblica, che non conosce gli atti ma solo quello che racconta Di Matteo, può essere influenzata da queste esternazioni.

Ha intenzione di assumere iniziative nel Csm a riguardo?

Guardi, il dottor Antonino Di Matteo non è nuovo a uscite del genere. Un paio di mesi fa, vorrei ricordare, si era già lanciato in un assurdo comizio sulle riforme costituzionali, sul dialogo tra partiti, sul ruolo di Berlusconi e di Renzi.

Tralasciando le dichiarazioni sui processi in corso, perché non va bene che un magistrato esterni pubblicamente il suo pensiero?

Qui non si tratta di esternare il proprio pensiero. In quel caso si trattò di scomposta intrusione del dibattito politico, che ha avuto luogo, tra l’altro, in un momento assai delicato, alla vigilia delle primarie del Pd, in cui lo stesso Renzi era impegnato. Le dichiarazioni di Di Matteo furono pubblicamente censurate da molti parlamentari ed addirittura il dottor Antonio Sangermano, vicepresidente dell’Associazione nazionale magistrati, intervenne per stigmatizzarle.

Perché non chiese allora al Csm di intervenire?

Come mio costume, avevo immediatamente predisposto una richiesta di apertura pratica in Prima commissione, competente per verificare i profili di incompatibilità ambientale delle toghe.

E poi?

Prima di depositarla ho riflettuto e non ho fatto più nulla.

Pensava potessero di accusarla di essere filo berlusconiano?

Certo. Ho immaginato i commenti:... ecco, il solito Zanettin, l’avvocato forzista, che cerca la ribalta mediatica e una sovraesposizione politica del Csm.

Non è inverosimile.

Ho preferito rinunciare a tale iniziativa e rimanere alla finestra, sperando che in quella occasione il Comitato di presidenza del Csm, autonomamente e senza necessità di una mia sollecitazione, aprisse una pratica.

Com’è andata?

Non è stata avviata alcuna prarica. Devo dire che a volte sulle esternazioni delle toghe il Csm usa due pesi e due misure.

Si spieghi meglio.

Il Comitato di poresidenza del Csm, per le dichiarazioni alla stampa del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro sulle Ong, decise di aprire una pratica in prima commissione, ipotizzando un trasferimento d’ufficio. Venne attaccato pubblicamente perché non doveva parlare di ‘ indagini non concluse’.

Si, ma poi non successe nulla e il Csm decise di non procedere.

Certo, ma il tema è proprio questo: l’equilibrio istituzionale del Csm. Voglio ricordare anche la vicenda del giudice Mascolo di Treviso, che in una lettera a un quotidiano aveva denunciato l’assenza dello Stato e l’intenzione di armarsi. Anche in quel caso il Comitato di presidenza ha autonomamente deciso di aprire una pratica in prima commissione. Nulla di ciò accade per Di Matteo.

E adesso quali iniziative ritiene che dovrebbero essere assunte?

Ad esempio il procuratore generale della Cassazione, titolare dell’azione disciplinare e componente del Comitato di presidenza, potrebbe attivarsi e decidere di svolgere accertamenti sulle esternazioni, ripetute, di Di Matteo. Il Comitato di presidenza potrebbe aprire anche una pratica in prima commissione, come a suo tempo ha appunto fatto per Zuccaro e Mascolo.

Una domanda sul caso del sostituto procuratore presso la Dna, per quanto “indiscreta”, deve essere necessariamente posta.

Prego.

Ma perché nessuno prende posizione nei confronti di Di Matteo?

Non saprei. Però azzardo una ipotesi: visto che il suo nome gira come ministro dell’Interno in caso di vittoria del M5S, pochi in questo momento hanno voglia di esporsi apertamente.