Che processo sarebbe stato, senza il sindaco alla sbarra? «Il coinvolgimento di Marta Vincenzi ha dato un rilievo che altrimenti la vicenda giudiziaria non avrebbe avuto», conviene Stefano Savi, difensore dell'ex primo cittadino ritenuto colpevole di disastro colposo e omicidio colposo plurimo dalla giudice Adriana Petri e condannata a 5 anni. Una sentenza pesante a fronte di un quadro che, secondo il legale, «non fa emergere per ciascuno dei capi d'imputazione, il modo in cui l'allora sindaco sarebbe responsabile». E per questo che la presenza dell'esponente pd tra gli imputati e, da lunedì, tra i condannati in primo grado, pare rispondere a uno schema obbligato: un disastro come l'esondazione del Fereggiano che il 4 novembre 2011 provocò la morte di quattro donne e due bambine deve per forza di cose avere tra i responsabili il capo dell'amministrazione cittadina. La politica è in ogni caso colpevole. «Eppure la sentenza sull'alluvione di Sarno sembrava aver fissato alcuni principi, nota Savi, «innanzitutto quello per cui il primo cittadino può non essere presente alle riunioni del Comitato per la sicurezza. Vincenzi ha dunque legittimamente delegato l'assessore alla Protezione civile che era anche vicepresidente dell'organismo. Era impegnata a guidare i lavori di Eurocity, evento che aveva portato a Genova sindaci da mezzo mondo, e che era decisivo per far ottenere alla città l'assegnazione di fondi europei».Non c'è dubbio che Vincenzi, tramite il suo avvocato, ricorrerà in appello. «Cinque anni, per una cosa del genere: mi pare incomprensibile», prosegue il difensore. «Vengono contestate tre cose: l'adozione di un piano d'emergenza ritenuto malfatto, la mancata rimozione delle auto e la decisione di tenere aperte le scuole». Sulle 6 persone che persero la vita per l'esondazione del Fereggiano, 5 erano appena uscite da scuola o andavano a prendere i loro familiari. «Riguardo al piano adottato, in dibattimento abbiamo ricordato che si tratta di un dispositivo ispirato al cosiddetto Metodo Augustus, protocollo della Protezione civile che ci copiano in tanti Paesi stranieri, definito dalle Regioni che ne propongono l'utilizzo ai Comuni: alla base», spiega l'avvocato Savi, «c'è l'idea che le misure di prevenzione non vadano irrigidite in schemi, che il sindaco ne è responsabile ma che le stesse misure vanno seguite e eventualmente aggiornate passo passo. Il dirigente della presidenza del Consiglio Elvezio Galanti è stato ascoltato come teste e ha confermato che quel piano era stato redatto nel modo più corretto». Quel dispositivo ha spinto Vincenzi a tenere le scuole aperte, nel giorno del disastro. «Ci sono altri passaggi che non hanno funzionato. Ma intanto», prosegue il difensore dell'ex sindaca, «vorrei segnalare che la scelta di chiudere le scuole è sempre delicata. Dopo i fatti del 2011, la successiva amministrazione ha di fatto deciso di discostarsi dal metodo della Protezione civile e chiudere indiscriminatamente le scuole a ogni avvisaglia di temporale. Così non ci si assume responsabilità. Secondo la Protezione civile le scuole a Genova sono uno dei luoghi più sicuri in cui trovare riparo. Nel caso di eventi metereologici avversi sono considerate centri di rifugio. Un sindaco deve porsi alcune questioni: innanzitutto il fatto che se la scuola è chiusa e i genitori vanno comunque a lavorare, un figlio adolescente esce comunque per strada, ed è esposto a rischi maggiori. Le famiglie con figli più piccoli sono messe in grossa difficoltà da una chiusura degli istituti. Un amministratore pensa a questo, Vincenzi lo fece. Nella rappresentazione proposta dall'accusa invece, l'ex sindaca avrebbe scelto sollecitata da una sorta di improvvisa follia, del tipo 'ma chi se ne importa, teniamole aperte».Spostare le macchine dalle zone esondabili? «Erano stati definiti piani operativi secondo cui ogni distretto di polizia locale avrebbe dovuto installare avvisi: da questo punto si è registrata un'inefficienza, ma la Procura non ha contestato alcunché. È stato il Tribunale a rimetterle gli atti perché avvii un procedimento sul comandante dei vigili». Vincenzi respinge tutti gli addebiti. Anche quello di falso, relativo al verbale in cui le indicazioni temporali degli eventi risulterebbero anticipate. «Nello specifico», ricorda Savi, «il volontario della Protezione civile che avrebbe dovuto verificare il livello del Fereggiano non si sarebbe in realtà mai recato sul luogo, e non è stato neppure indagato». Vincenzi e gli altri imputati sono stati assolti dall'accusa di calunnia nei confronti del volontario in questione. Ma nella strana ripartizione delle accuse ci sarebbero anche il preside che ha fatto uscire i ragazzi prima dell'orario previsto e che se l'è cavata con un decreto penale di condanna: «Vuol dire pagare un'oblazione e chiuderla lì», ricorda Savi. A Marta Vincenzi hanno dato invece 5 anni. Come se le colpe degli altri evaporassero per condensarsi solo su di lei. Politico e, quindi, responsabile a prescindere.