Magistrati e cancellieri sì, avvocati no. Accade in Friuli Venezia Giulia, dove la Regione, nonostante gli appelli dell’avvocatura, ha deciso di inserire tra le categorie a rischio soltanto i magistrati e i dipendenti dei Tribunali del distretto della Corte d’Appello di Trieste, in quanto lavoratori di pubblica utilità. Le vaccinazioni sono partite dal tribunale di Pordenone, dove circa 160 persone tra magistrati e impiegati sono state sottoposte al vaccino. Non ci sono, però, gli avvocati, «probabilmente considerati poco più che utenti che, casualmente, frequentano talvolta le aule di giustizia - lamenta un avvocato del foro di Trieste -. Pazienza, ce ne faremo una regione aspettando il nostro turno d’udienza nei corridoi con mascherine, gel e distanziamenti fino a quando, ognuno, a seconda della sua fascia d’età decisa dalla nostra Regione, potrà essere vaccinato. Ma questa scelta non è la raffigurazione quasi plastica della considerazione, nel sistema giustizia nell’Italia di oggi, della funzione dell’avvocatura?». Un grido di dolore rimasto inascoltato, come l’appello lanciato giorni fa dall’Unione degli avvocati del Triveneto, che ha scritto alle istituzioni senza ricevere, al momento, alcuna risposta. A spiegarlo, al Dubbio, è Alessandro Cuccagna, presidente dell’Ordine degli avvocati di Trieste. La richiesta avanzata dall’Unione era semplice: che anche gli avvocati, in quanto parte integrante del sistema Giustizia, avessero la possibilità di accedere, su base volontaria, alla campagna vaccinale. Ovvero quanto hanno chiesto, tanto per fare un esempio, anche gli avvocati di Lazio, Sicilia e Puglia. E ciò, spiega Cuccagna, «in ragione della funzione che noi svolgiamo: siamo partecipi di un servizio essenziale, come tutti gli altri operatori della Giustizia». La lettera inviata a governo, Regione e vertici dell’avvocatura porta la firma della presidente dell’Unione, l’avvocata Alessandra Stella. Secondo cui «è imprescindibile che gli operatori nel settore della giurisdizione vengano inseriti nel Piano strategico nazionale per la vaccinazione e nei Piani di attuazione regionali». Tale inclusione, aveva evidenziato, «non è dettata da rivendicazioni di privilegi di categoria, bensì dall’unico fine di garantire alla collettività lo svolgimento, in modo sicuro e adeguato, l’attività giudiziaria e l’accesso negli uffici giudiziari». Da qui la richiesta di inserire tutti gli operatori della giustizia tra le categorie prioritarie, «fatta salva le priorità per le persone più fragili, il personale medico, paramedico e amministrativo delle strutture sanitarie». Niente da fare, conferma Cuccagna: nessuna risposta. «Non c’è alcuna contrapposizione tra avvocatura e magistratura - precisa il presidente del Coa di Trieste -, ma la scelta di vaccinare soltanto magistrati e personale amministrativo è segno, probabilmente, di una scarsa considerazione della politica, anche a livello nazionale, nei confronti dell’avvocatura». Ciò, secondo Cuccagna, dipende anche da «alcuni organi di informazione e da una certa stampa», che spesso e volentieri dipingono gli avvocati come un ostacolo alla Giustizia e non come parte fondamentale della stessa. «Si tratta di argomenti dei quali, di solito, la gente sa ben poco, quindi il modo in cui le notizie sulla Giustizia vengono presentate al lettore fa molto nel generare determinate convinzioni». Ma il problema è, prima di tutto, pratico: impossibile immaginare una campagna vaccinale a macchia di leopardo, tale per cui in alcune regioni gli avvocati sono considerati soggetti a rischio - come in Sicilia o in Toscana - e in altre no. «L’esecutivo deve fornire un indirizzo uniforme - prosegue Cuccagna -. Ci sono disparità inspiegabili. Il problema evidentemente c’è, perché è vero che i magistrati svolgono un certo ruolo, ma finché gli avvocati esistono e finché non ci faranno sparire, le difese fiduciarie, così come quelle d’ufficio, vengono svolte da colleghi che si devono necessariamente recare in aula, in carcere e svolgere tutta una serie di attività di tutela di diritti essenziali della persona. Non so se poi qualcuno accarezza l’idea di cogliere l’occasione per classificarli come soggetti di serie B e fare una sorta di repulisti. Il punto è che poi, quando si finisce a propria volta nelle maglie del meccanismo, ci si rende conto che certe doglianze dell’avvocatura non sono a favore della categoria in sé e per sé, ma a tutela dei diritti dei cittadini». Cuccagna ci tiene però a precisare che nel distretto i rapporti tra magistratura e avvocatura sono leali. «La funzione dell’avvocato non viene svilita come spesso accade altrove», sottolinea. Ma rimane il fatto che la gestione delle udienze e del “rischio” rimane, comunque, una prerogativa della magistratura. «Forse nel nostro distretto si potrebbe essere più accorti nello scaglionamento delle udienze per evitare assembramenti -. Finora, però, la macchina sta funzionando abbastanza bene».