«Un nuovo inizio». Con questo monito, annunciato e celebrato in un congresso straordinario che si è chiuso oggi a Roma, il primo dopo la bufera che ha travolto il Csm e l'intera magistratura per effetto dell'inchiesta di Perugia e del "caso Palamara", Unicost apre a una nuova fase. L'assemblea , che ha confermato alla presidenza Mariano Sciacca, presidente di sezione al Tribunale di Catania, e ha nominato segretario generale Francesco Cananzi, gip al Tribunale Napoli, ha approvato una mozione che traccia la linea per rifondare il gruppo. Rigore morale e deontologia, no al collateralismo ideologico, no alla connotazione politica del magistrato, e l'individuazione di alcuni principi inderogabili per evitare il carrierismo e garantire trasparenza e meritocrazia.  Il pluralismo culturale nell'associazionismo è per Unicost «garanzia di autentica indipendenza e di effettiva autonomia del magistrato», fuori dalla «mera contrapposizione tra "progressisti" e "moderati", tra innovatori e conservatori» che «rende concreto il pericolo di una forte connotazione politica del magistrato, del tutto lontana dall'essenza costituzionale del suo ruolo di garanzia per tutti i cittadini». La mozione ribadisce quindi «il non collateralismo ideologico, quale fulcro della credibilità del magistrato, che non può (e non deve) essere omologato né a destra, né a sinistra. Noi non siamo e non vogliamo essere né moderati, né progressisti: noi vogliamo essere innanzitutto Magistrati, sottratti alla regola della maggioranza e sottoposti solo alla Costituzione e alla legge. il non collateralismo deve costituire per noi tutti la stella polare per recuperare la credibilità del nostro ruolo, garantendo la terzietà costituzionale della magistratura, giudicante e requirente». Da qui un nuovo «patto fondativo» basato su  «rigore morale e la deontologia» che nasce «dopo la crisi e il disorientamento» e dopo «l'autocritica che ne è seguita, con  la ferma reazione a quanto accaduto, forti  dell'orgoglio di essere stata l'unica realtà associativa che, senza sconti, ha rivisto criticamente le deviazioni e le strumentalizzazioni alle quali abbiamo assistito». La mozione indica quindi alcuni  «indefettibili principi: impedire che lo status di consigliere del Csm porti con sé ambizioni di carriera immediatamente successive alla cessazione del servizio svolto all'interno del Consiglio, con l'assunzione di un impegno formale in questa direzione dei candidati della corrente; individuare strumenti affidabili di selezione dei candidati al Csm che siano effettivamente rappresentativi a livello nazionale attraverso mezzi di consultazione aperta e diretta della base». Un richiamo forte arriva poi dal congresso sul tema della trasparenza e della meritocrazia per combattere «il carrierismo all'interno alla magistratura» e «l'affermarsi di una pericolosa deriva produttivistica senza qualità e la gerarchizzazione dell'ufficio di procura». L'Assemblea «ritiene pertanto fondamentale - si legge nella mozione - che l'impegno, tanto nell'Istituzione consiliare che negli organi associativi apicali e distrettuali, non meno della partecipazione di tutti i magistrati  che si riconoscono in Unità per la Costituzione, imponga un cambio di metodo, di contenuti e di proposte concrete.  Occorre valorizzare un criterio realmente oggettivo, trasparente e meritocratico nella scelta dei magistrati che concorrono a posti, incarichi e sedi. Occorre ridefinire il sistema di valutazione della professionalità, attraverso criteri che valorizzino  le esperienze giudiziarie, sottraendole alla mera logica produttivistica e alla esclusiva centralità del parere del capo dell'ufficio. Occorre riaffermare la necessità di una "buona dirigenza" al fine di garantire il funzionamento del servizio giustizia; la trasparenza dei percorsi motivazionali per le nomine, l'accessibilità alle fonti di conoscenza che ne sono alla base; di contro, evitare nomine che possano essere o sembrare il portato di logiche di compromesso, di cedimenti alla politica, di spartizione». La mozione fa infine riferimento alla «formazione iniziale e permanente, utile per la magistratura, all'altezza della sfida culturale che proviene dalla società civile e dal  mondo globalizzato, per l'effettività dei  diritti e delle libertà costituzionali delle persone  e delle formazioni sociali» e alla «determinazione di carichi esigibili, in modo da evitare la deriva efficientistica e garantire la qualità delle sentenze e dell'attività giudiziaria al servizio dei diritti dei cittadini e a tutela della serenità dei magistrati».