Nessun percorso trattamentale o accesso ad attività creative. Di fatto un isolamento. Anche l’ora d’aria, dapprima non garantita, sarebbe stata concessa presso dei “cubicoli punitivi”. Presunti tentativi di aggressione da parte di agenti penitenziari secondo quanto denunciato alla procura di Firenze. Una realtà che riguarderebbe anche altri reclusi nel carcere di San Gimignano. Lo scrive il detenuto Giovanni Barone in una lettera inviata a Il Dubbio attraverso il suo avvocato, Marco Rigamonti, nella quale denuncia presunte gravi violazioni dei diritti umani e delle norme detentive all'interno dell'istituto penitenziario.

Nella sua lettera Barone afferma di essere stato trasferito nella sezione di isolamento del carcere il 5 febbraio 2023 senza che gli sia stata comminata alcuna infrazione o provvedimento disciplinare che giustifichi tale regime detentivo. Secondo quanto riportato, gli è stato negato il diritto alle ore d'aria, non gli è consentito continuare il suo percorso di studi con l'Università di Milano attraverso lezioni in Dad (Didattica a distanza) e gli sono negate le attività ricreative e trattamentali. Tutto ciò avviene in assenza di prescrizioni disciplinari o giuridiche che ne vietino la fruizione. Dopo le sue denunce il 24 aprile scorso veniva comunicato verbalmente che lui e gli altri detenuti potevano usufruire delle ore d’aria all’aperto. Due ore al mattino dalle 9 alle 11 presso “cubicoli punitivi” sottostanti. Le altre due ore assegnate, risulterebbero incompatibili con la somministrazione del pasto serale.

Giovanni Barone scrive che la situazione di privazione viene imposta non solo a lui, ma anche ad altri detenuti presenti nella sezione di isolamento, violando così l'articolo 78 del DPR 230/ 2000. Il detenuto ha presentato un esposto/ denuncia al Guardasigilli Carlo Nordio e al Direttore/ Capo del Dap l’ 11 aprile scorso, richiedendo un'ispezione ministeriale per rendere noto lo stato detentivo subito in violazione di legge. Inoltre, Barone ha presentato una denuncia presso la procura di Firenze il 23 marzo 2023, sia per denunciare le condizioni detentive subite, sia un presunto tentativo di aggressione da parte di un gruppo di agenti penitenziari durante una perquisizione intimidatoria. Sostiene che solo le sue richieste di spiegazioni avrebbero evitato conseguenze più gravi, evidenziando più volte che tali provvedimenti violano l'articolo 78 del DPR 230/ 2000 e l'articolo 613 bis del Codice Penale, ma non sarebbero state prese misure a riguardo.

Il detenuto afferma che il regime detentivo applicato non trova alcuna giustificazione legale, violando le norme dell'ordinamento penitenziario e le riforme introdotte dal legislatore e dalla comunità europea, in particolare l'articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti Umani. Nonostante sia considerato un detenuto “protetto”, Barone ribadisce che tale protezione gli venga applicata attraverso un regime carcerario non conforme al suo stato detentivo.

Ricorda di aver presentato un'istanza di trasferimento presso un altro istituto in Lombardia il 30 marzo 2023, con la motivazione di riavvicinamento al luogo di residenza e alla famiglia, nonché per motivi di studio. Parliamo del rispetto della territorialità della pena. Tuttavia, la richiesta è stata protocollata solo dopo circa un mese e a seguito di numerose sollecitazioni da parte sua. Di fronte a questa situazione ingiusta, Barone ha affidato ai suoi legali il compito di adire le vie legali per tutelare i suoi diritti e porre fine a questa assurda situazione.

Nella sua lettera a Il Dubbio Giovanni Barone sottolinea che il problema da lui denunciato non riguarda solo il suo caso personale, ma coinvolge anche altri detenuti che stanno vivendo la stessa assurda e illegittima situazione. Pertanto, ha deciso di rendere pubblica la sua denuncia al fine di evidenziare come, nonostante le norme nazionali e internazionali enuncino la funzione rieducativa della pena, all'interno del carcere di San Gimignano nulla di tutto ciò avvenga.

L'istituto penitenziario di San Gimignano, secondo Barone, è caratterizzato da un approccio carcerocentrico alla pena, in aperto disprezzo delle norme e dei regolamenti vigenti. Il detenuto lamenta che gli operatori penitenziari non si impegnino adeguatamente per favorire il reinserimento sociale dei detenuti e che non vengano rispettati i loro diritti fondamentali. Barone fa appello all'opinione pubblica, alle istituzioni competenti e alle organizzazioni per i diritti umani affinché prestino attenzione a questa situazione e intervengano per porre fine alle presunte violazioni nel carcere di San Gimignano. Chiede che venga garantito il rispetto delle norme nazionali e internazionali in materia di trattamento penitenziario e che venga data la possibilità ai detenuti di svolgere attività di studio, di partecipare a programmi di riabilitazione e di usufruire dei loro diritti fondamentali.

È importante sottolineare che, al momento, le accuse mosse da Barone sono al vaglio della procura fiorentina. Tuttavia, le sue denunce evidenziano una situazione che richiede un'adeguata attenzione da parte delle autorità competenti per garantire il rispetto dei diritti i all'interno del sistema carcerario. Si auspica che le istituzioni coinvolte prendano seriamente in considerazione queste denunce e intraprendano azioni concrete per risolvere la situazione e garantire un trattamento dignitoso e rispettoso dei detenuti.

Ricordiamo che il carcere di San Gimignano è risultato da sempre problematico. Essendo stato costruito in aperta campagna, lontano da tutti e tutto gli stessi familiari dei detenuti che provengono da regioni diverse sono costretti a organizzarsi con un pullman. Un carcere che ha cambiato spesso il direttore, perché nessuno si augura di andarci. Non avendo una direzione forte e stabile, alla fine il potere diventa, di fatto, autogestito all’interno del carcere. Ma parliamo di un istituto che non ha nemmeno l’acqua potabile, tanto che qualche anno fa, l’allora garante locale, era riuscito a ottenere come magra soluzione la vendita di bottigliette di acqua minerale a basso prezzo. È un carcere che si trova tra i boschi, dove è facile che salti la corrente e ci siano problemi di collegamenti telefonici a causa degli eventi atmosferici. Oltre al problema del sovraffollamento ( ultimi dati disponibili: 314 detenuti per una capienza di 243 posti, ma non sono sottratti i locali inagibili), altro dato significativo è che c’è stato un aumento esponenziale dei detenuti che compiono gesti di autolesionismo.

Un istituto penitenziario toscano che, di fatto, è una riserva a sé stante. A marzo scorso, cinque agenti penitenziaria sono stati condannati in primo grado per il reato di tortura nei confronti di un tunisino durante il trasferimento di cella. Una vicenda che Il Dubbio ha seguito fin dall’inizio, a partire dalla prima segnalazione, una lettera di denuncia indirizzata a Sandra Berardi, presidente dell’associazione Yairaiha Onlus, da parte di un detenuto che è stato spettatore del pestaggio. Ritornando alla denuncia del detenuto Barone, c’è bisogno di fare chiarezza, magari una ispezione ministeriale per comprendere se i problemi enunciati risultano fondati e preoccupanti.