Non esitò il Fatto quotidiano, che qualche mese fa propose un corso di giornalismo sull'informazione giudiziaria: argomenti e istruzioni impartiti, in quel caso, dal gip di Roma Stefano Aprile ai cronisti, per maneggiare nel "migliore" dei modi, per esempio, i brogliacci delle intercettazioni. Grandi discussioni sia sul fatto che il Csm avesse autorizzato un giudice a una lezione di quel tipo sia sull'opportunità di formare nuovi addetti al già debordante processo mediatico. Non esita adesso un ateneo privato a rispondere con un'idea uguale e contraria: si tratta dell'università Niccolò Cusano, che ha aperto un bando per un corso di 36 ore in "litigation communication", ovvero "pubbliche relazioni nelle controversie legali". Si guarda all'obiettivo opposto: anziché insegnare a condannare una persona sui giornali prima che si pronunci un Tribunale, imparare a difendersi proprio dalla giostra impazzita delle accuse sui media. «Destinatari del modulo sono avvocati, tributaristi, dirigenti d'azienda: tutti coloro che possono trovarsi a dover gestire il rapporto con i mezzi d'informazione nel pieno di una vicenda processuale», spiega il coordinatore del corso Andrea Camaiora. Gli stessi difensori, è la logica dell'iniziativa, non sono necessariamente in grado di fronteggiare con assoluta padronanza questo genere di situazioni. Si punta a fornire un know how più sofisticato anche agli addetti stampa che possono trovarsi a curare l'immagine di politici travolti da un'indagine.Camaiora non a caso è un giornalista che da qualche anno si occupa di informazione giudiziaria con "Spin", un «team di comunicazione strategica». A chi si iscriverà al corso (il bando chiude il 30 settembre) proporrà sia elementi "teorici" (dal diritto processuale alla "trattazione del caso nelle redazioni giornalistiche") sia l'analisi pratica di vicende che «hanno segnato la recente storia dei processi mediatici: da Costa Concordia a Pistorius, da Nestlè a Federica Guidi, da Thyssen Krupp fino al recente caso Raggi-Muraro». Un armamentario per la difesa che però il coordinatore del modulo tiene a descrivere come una «strategia comunicativa basata sui documenti stessi prodotti dalla magistratura, su una lettura alternativa e originale del contesto mediatico giudiziario entro il quale si opera», ma «senza mai confondere la verità fattuale e processuale con la convenienza di tutelare una parte. Si opera bene», sostiene l'ideatore del corso, «solo se si opera nella trasparenza, approfondendo le vicende giudiziarie e comportandosi lealmente con tutti, avvocati e magistrati».