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Una mattanza senza fine. Giovedì sera, 16 maggio, un giovane di 25 anni si è tolto la vita nel carcere di Parma. A dare la notizia è stato il Garante dell'Emilia-Romagna, Roberto Cavalieri: «Alcuni giorni fa l'uomo si era reso responsabile di un'aggressione a un agente della polizia penitenziaria ed era stato collocato in una sezione per detenuti con problematiche di sicurezza». Questo suicidio è il secondo verificatosi a Parma e il quarto nell'arco degli ultimi 12 mesi in Emilia-Romagna. «Il drammatico evento si aggiunge alla lunga lista dei suicidi in carcere, che ora ammontano a 34», ha spiegato il garante, il quale giovedì stesso, durante la commissione regionale per la Parità e i diritti delle persone, ha illustrato le criticità riscontrate nelle carceri dell'Emilia-Romagna.
Dalla sua relazione annuale, emerge un coacervo di criticità che riflettono la problematica penitenziaria che coinvolge l'intero Paese. Tra queste, suicidi, atti di autolesionismo, danneggiamenti alle strutture, abuso di farmaci, mancato o ritardato rientro da benefici, manifestazioni di protesta, tentativi di evasione, ritrovamento di oggetti non consentiti, radicalizzazioni e violazioni delle norme penali. Nel 2023, le carceri dell'Emilia-Romagna hanno registrato un numero significativo di suicidi e atti di autolesionismo. In particolare, si sono verificati 8 suicidi e 1575 episodi di autolesionismo. Parma e Modena sono risultate le città con il maggior numero di suicidi, con 3 casi ciascuna. Un problema ricorrente riscontrato nella relazione del Garante Cavalieri è quello dell'abuso e dell'accumulo di farmaci. Spesso i detenuti arrivano con terapie farmaceutiche non sempre concordate con i protocolli regionali, creando complessità nella gestione. Particolare attenzione è stata posta sull'uso di farmaci psicoattivi, con l'avvio di una revisione del prontuario farmaceutico presso il carcere di Parma.
Siamo così arrivati a 34 suicidi dall'inizio dell'anno. Ricordiamo che l'associazione ha condotto un'analisi approfondita della situazione nelle carceri italiane, ribadendo che si tratta di un dato in aumento rispetto a quello registrato negli ultimi anni, compreso il 2022, ad ora l’anno con più suicidi mai registrato (furono 85). Parallelamente, sono aumentati anche i tentati suicidi, spesso sventati dagli operatori penitenziari o dagli stessi detenuti. Antigone sottolinea che, dopo ogni suicidio, non si deve cercare un capro espiatorio tra coloro che non sono riusciti a monitorare costantemente il detenuto. Allo stesso modo, evitare i suicidi non può essere risolto tramite una sorveglianza costante. La soluzione non risiede nell'assegnare un poliziotto fisso per ogni cella, ma piuttosto nel garantire ai detenuti una vita più significativa e un maggiore contatto con l'esterno. L'associazione propone un approccio integrato che preveda la presa in carico individuale del detenuto, focalizzandosi sul percorso di reintegrazione sociale e offrendo supporto, anche esterno al carcere, per chi ha problematiche psichiche o dipendenze. In definitiva, si tratta di una presa in carico totale dei bisogni del detenuto, affinché sia visto come una persona e non solo come un numero di matricola.
Ricordiamo che sabato scorso c'è stata la seconda manifestazione organizzata dalla Conferenza nazionale dei Garanti territoriali delle persone private della libertà personale. Una mobilitazione in tutta l'Italia per accendere un faro sulle problematiche del carcere e invitare il governo ad assumersi la responsabilità di porre fine alla mattanza e al sovraffollamento attraverso incisive misure deflattive e aumento dell'affettività e percorsi trattamentali. In commissione giustizia, attraverso un lentissimo iter, è al vaglio la proposta di legge presentata da Roberto Giachetti di Italia Viva sulla liberazione anticipata speciale. Ma di fatto, rischia di deragliare, visto che, come riportato da Il Dubbio, al Consiglio dei ministri di fine mese potrebbe essere licenziato un decreto carcere dove sostanzialmente le misure deflattive saranno un miraggio.