Nel cuore della questione carceraria italiana si insinua un “nodo alla gola”, che non si limita all'esorbitante numero di detenuti che hanno posto fine alla loro vita, ma rappresenta un groviglio di problematiche che minano la dignità umana e la salute psico-fisica dei reclusi. Parliamo del XX Rapporto di Antigone sulle condizioni di detenzione che getta luce su una insostenibile realtà. Nel corso del 2023, gli osservatori di Antigone hanno visitato 99 istituti penitenziari in tutta Italia, scrutando da vicino le condizioni in cui vivono migliaia di persone private della libertà. Un'indagine accurata che ha attraversato le regioni italiane e portato alla luce una serie di dati sconcertanti.

Tra le mura di diversi penitenziari, le celle si presentano spesso chiuse, simbolo di un isolamento che va oltre le mura fisiche delle prigioni. La tendenza alla chiusura si fa sempre più evidente, segno di un sistema carcerario che sembra perdere di vista il principio di riabilitazione. I numeri parlano chiaro: 11,8 provvedimenti di isolamento disciplinare ogni 100 detenuti, 18,1 atti di autolesionismo, 2,4 tentati suicidi, 3,5 aggressioni al personale e 5,5 aggressioni tra detenuti, tutto questo ogni 100 detenuti. Sono cifre che raccontano storie di sofferenza e disperazione, di un sistema che sembra non essere in grado di garantire la sicurezza e il benessere dei detenuti.

Sono 61.049 i detenuti nelle carceri italiane al 31 marzo 2024, a fronte di una capienza ufficiale di soli 51.178 posti. Un dato allarmante sottolineato dal rapporto di Antigone che evidenzia il drammatico sovraffollamento degli istituti penitenziari del nostro Paese. La situazione, già preoccupante, è peggiorata nell'ultimo anno, con un aumento medio di 331 detenuti al mese. Se il trend dovesse confermarsi, entro la fine del 2024 si supererebbe la quota di 65.000 presenze. Antigone attribuisce l'aumento dei detenuti a diverse cause: pene più severe, riluttanza dei magistrati a proporre alternative alla prigione e nuove leggi che portano a più arresti.

La carenza di posti nei penitenziari è preoccupante, con 3.640 posti non disponibili registrati fino al giugno 2023. Il ministero della Giustizia prevede che questo numero dovrebbe stabilizzarsi intorno al 5% della capienza totale, lasciando sempre almeno 2.500 posti letto scoperti. Antigone ha lanciato l'allarme sull'affollamento carcerario, chiedendo un intervento urgente. Il presidente dell'associazione, Patrizio Gonnella, ha condannato le condizioni disumane e ha chiesto un cambiamento di approccio per ridurre l'uso del carcere e promuovere alternative alla detenzione.

Oltre al sovraffollamento, restano da affrontare altre gravissime criticità, come l'alto numero di suicidi, 32 dall'inizio dell'anno, l'ultimo oggi a Regina Coeli come segnalato dal garante Anastasia, e le precarie condizioni igienico-sanitarie. Se la tendenza di questi primi 4 mesi si confermasse nel resto dell'anno il 2024 farebbe registrare un altro record negativo e drammatico. In carcere ci si leva la vita ben 18 volte in più rispetto alla società esterna. Dalle biografie delle persone che si tolgono la vita emergono in molti casi situazioni di grande marginalità. Molte le persone giovani e giovanissime, molte le persone di origine straniera. Molte anche le situazioni di presunte o accertate patologie psichiatriche. Alcune provenivano da passati di tossicodipendenza, altre erano persone senza fissa dimora.

L'età media di chi si è tolto la vita in un istituto penitenziario nell'ultimo anno e mezzo è di 40 anni. La fascia più rappresentata è quella tra i 30 e i 39 anni. In tutti gli Istituti dove sono avvenuti suicidi nell'ultimo anno e mezzo, si registra una situazione più o meno grave di sovraffollamento.