Una lettera alla Ministra della Giustizia Marta Cartabia per sollecitarla ad aprire una istruttoria sui crimini contro la pace perpetrati in Ucraina «al fine di adottare le eventuali richieste di procedimento contro i responsabili di tali fatti e di adempiere all’obbligazione di esercitare la giurisdizione universale sugli autori di quelli che sempre il Preambolo dello Statuto di Roma e lo stesso Statuto al suo articolo 5 definiscono i "crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale"». E' l'iniziativa assunta unitamente da Maurizio Turco, Irene Testa e l’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, rispettivamente Segretario, Tesoriere e Presidente d’Onore del Partito Radicale e l’Avvocato Ezechia Paolo Reale, Presidente del Comitato Scientifico del Global Committee for the Rule of Law. Ecco il testo della lettera. Gentile Ministra Cartabia,  La guerra di aggressione è un crimine internazionale del quale rispondono personalmente vertici civili e militari che dispongano o diano esecuzione all’aggressione di uno Stato in danno di un altro Stato. Tale crimine contro la pace è specificamente compreso nella competenza della Corte Penale Internazionale sin dall’entrata in vigore, il 1/7/2002, dello Statuto di Roma. Nella conferenza  diplomatica di Kampala del giugno 2010, inoltre, gli Stati Parti dello Statuto hanno approvato l’emendamento contenente la definizione del crimine di aggressione, che oggi è riflesso nell’art. 8bis dello Statuto di Roma, e le regole per l’esercizio della giurisdizione della Corte su tale crimine. Dal 17/07/2018, dopo l’avvenuta ratifica dell’emendamento da parte di trenta Stati Parte e il voto favorevole di due terzi dei componenti dell’Assemblea degli Stati Parte dello Statuto, il potere giurisdizionale della Corte Penale Internazionale è divenuto operativo. L’elencazione e la descrizione dei crimini contenuti nello Statuto di Roma, come è noto, non ha natura di diritto penale sostanziale, dato che lo Statuto non prevede la creazione di alcun nuovo crimine, limitandosi ad individuare la competenza della Corte per fatti già previsti e puniti come crimine dal diritto penale internazionale consuetudinario. Ne deriva che, a prescindere dai poteri in concreto conferiti alla Corte Penale Internazionale, su tali crimini può essere esercitata da parte di ogni Stato la giurisdizione universale. Non a caso nel preambolo dello Statuto di Roma è riconosciuto che “crimini di tale gravità, che minacciano la pace, la sicurezza ed il benessere del mondo non devono restare impuniti” e “la loro effettiva repressione deve essere assicurata attraverso l’adozione di idonee misure a livello nazionale ed il rafforzamento della cooperazione internazionale” ponendo “termine all’impunità degli autori di tali crimini e contribuendo in tal modo alla prevenzione di nuovi crimini”, tanto che “è dovere di ogni Stato esercitare la propria giurisdizione penale sui responsabili di crimini internazionali”. I responsabili dell’aggressione dell’Ucraina non potranno essere portati al giudizio della Corte Penale Internazionale perché né la Russia, né l’Ucraina hanno ratificato lo Statuto di Roma e il deferimento della questione alla Corte da parte del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite è evidentemente non realistico dato, a tacer d’altro, il potere di veto concesso, tra gli altri, alla Russia e alla Cina. Ciò però non significa che essi non possano essere chiamati a rispondere delle loro azioni avanti le giurisdizioni nazionali, e con le regole proprie di tali giurisdizioni. L’Italia ha pienamente condiviso l’emendamento sul crimine di aggressione approvato a Kampala e ha ratificato il 10/11/2021 la pertinente modifica allo Statuto di Roma, depositando anche il 26/1/2022 il relativo strumento di ratifica. Questo consente anche di superare qualsiasi obiezione, comune nei paesi di civil law ai crimini riconosciuti dal diritto penale internazionale consuetudinario, pertinente la carenza nel nostro ordinamento di una norma che incrimina tale condotta che abbia i caratteri tradizionali delle norme penali, e cioè la definizione scritta della condotta incriminata e la sua adozione in data antecedente la data in cui il fatto è stato commesso. L’Italia, inoltre, riconosce e regola la propria giurisdizione universale sui crimini più gravi prevedendo all’articolo 7 del suo codice penale la punizione anche dello straniero che commette in territorio estero ogni reato per il quale le convenzioni internazionali, quale è lo Statuto di Roma, stabiliscono l’applicabilità della legge penale italiana e al suo articolo 8 che, su richiesta del Ministro della Giustizia, sia punito secondo la legge italiana anche lo straniero che commette all’estero un delitto politico, cioè ogni delitto che offende un interesse politico dello Stato o che, pur essendo un delitto comune, sia determinato, in tutto o in parte, da motivi politici. L’articolo 10 dello stesso codice penale, inoltre, consente, sempre a richiesta del Ministro della Giustizia, e purché il responsabile si trovi nel territorio nazionale e l’estradizione non sia stata concessa, la punizione dei delitti commessi dallo straniero in danno di altro straniero o di uno Stato estero. Sussistono, quindi, tutte le condizioni perché il Ministro della Giustizia possa avviare un’attenta istruttoria sui crimini contro la pace perpetrati in Ucraina al fine di adottare le eventuali richieste di procedimento contro i responsabili di tali fatti e di adempiere all’obbligazione di esercitare la giurisdizionale universale sugli autori di quelli che sempre il Preambolo dello Statuto di Roma e  lo stesso Statuto al suo articolo 5 definiscono i “crimini più gravi, motivo di allarme per l’intera comunità internazionale”. Ad analoghe conclusioni, e con maggiore evidenza, deve giungersi per il caso che nel corso delle operazioni belliche siano commessi crimini di guerra, così come definiti nell’art. 8 dello Statuto di Roma, a prescindere dalla possibilità di attivare tardivamente la giurisdizione della Corte Penale Internazionale su tali crimini da parte dell’Ucraina, ratificando lo Statuto di Roma o accettando la giurisdizione della Corte ai sensi dell’art. 12, comma 3 dello Statuto di Roma, adempimenti che il Ministero degli Esteri potrebbe, comunque, utilmente sollecitare.