743 suicidi nelle carceri italiane negli ultimi 30 anni. 20 suicidi nel 2024; un suicidio – quasi – ogni due giorni. 2910, le ulteriori morti in carcere per altre cause nello stesso periodo. Numeri da epidemie, guerre, calamità… massacri. Ha un senso leggere e rileggere l’articolo 27 comma 3 della Costituzione? L’opinione pubblica è pervasa dal pensiero unico: il carcere è la giusta conseguenza per il delinquente; più il carcere è duro, più giustizia è fatta, perché in carcere, in fondo, entra il reato e non la persona!

Concetti che, agitati da incredibile ignoranza costituzionale, oramai vivono nella sensibilità della gente, spinta a ritenere il carcere una sorta di mondo fetido, all’interno del quale è giusto che ristagni un nauseabondo rifiuto, “il mostro”, che deve “pagare per ciò che ha commesso”. Sin troppo riduttivo ricondurre questa involuzione culturale a quel corto circuito sociale comunemente e comodamente denominato “la pancia del Paese”.

L’Avvocatura è chiamata ad andare oltre rispetto a pubbliche e vibrate denunce che, però, paiono restare inascoltate. Ha il dovere di continuare a credere nell’obiettivo – titanico – di riportare nel tessuto sociale il concetto costituzionale di pena come rieducazione. Questo è l’unico modo per riuscire ad essere incisivi su un dirimente punto: se di carcere si continua a morire vuol dire che il carcere è tortura.

È giunto il momento di un ulteriore “scatto di reni” dell’Avvocatura: “indurre democraticamente” l’intera classe politica, mediante tutte le legittime azioni consentite dal nostro Stato di diritto, ad ammettere che il carcere, come oggi divenuto, costituisce la deriva dei diritti umani e ad ammettere che l’articolo 27 della Costituzione è divenuto soltanto un modo di dire e di apparire, utile unicamente a calmierare le coscienze dinanzi alla strage di decessi per suicidio nelle nostre carceri.

La Camera penale di Cosenza, per queste ragioni, chiede al Consiglio delle Camere penali italiane la indicazione del seguente punto nell’ordine del giorno del prossimo Consiglio: “Amnistia e Indulto: in difesa dell’uomo e non del delitto. Proposte alla Giunta dell’Unione delle Camere penali italiane”.