«La giustizia non è amministrata per ‘cortesia’ ma in forza di precisi obblighi connessi al ruolo». A dirlo è l’avvocato genovese Stefano Cavanna, consigliere laico del Csm, eletto su indicazione della Lega. «Ho ricevuto nell’ultimo periodo – dichiara Cavanna – diverse segnalazioni di colleghi che lamentavano la prassi di alcuni giudici civili di rinviare l’udienza, già fissata, se le parti non avessero prodotto in cancelleria la copia di cortesia dell’atto regolarmente depositato digitalmente. Mi pare un modo di agire molto grave e, soprattutto, non giustificabile in alcun modo, anche perché i procedimenti sono stati poi rinviati di alcuni mesi», prosegue il consigliere.

A distanza di circa quindici anni dall’avvio del processo civile telematico, il tema delle copie di cortesia continua, dunque, ancora a suscitare polemiche, in un momento storico peraltro molto particolare perché connesso all’erogazione dei fondi del Recovery. Fra gli obiettivi imposti al Paese da Bruxelles, infatti, vi sarebbe l’abbattimento di circa il 40 per cento dei tempi di definizione delle cause civili. E rinviare i processi perché non è stata depositata la copia cartacea non è certamente il miglior viatico per raggiungere il tanto agognato taglio dei tempi processuali.

«La nozione di 'cortesia' – prosegue Cavanna – non è il massimo in un rapporto giuridico in cui esiste un arbitro, da cui dipende la sorte del giudizio, che impone ai giudicati di compiacere irrituali desiderata del giudicante, pena altrettanto irrituali ritardi nell’amministrazione della giustizia. Comprendo la difficoltà del giudice di leggere a video atti e documenti, una difficoltà, va detto, che hanno anche gli avvocati, ma per ovviarvi ci sono le cancellerie: ricordo che si paga un sostanzioso contributo unificato, oltre ai diritti di cancelleria per i servizi di giustizia che si richiedono allo Stato», conclude il laico del Csm.

Cavanna ha quindi chiesto al Comitato di presidenza del Csm di dare mandato alla Settima commissione di Palazzo dei Marescialli, competente per l’organizzazione degli uffici giudiziari, di avviare un’istruttoria per verificare quali siano le prassi al riguardo presso i vari tribunali. Il monitoraggio dovrà evidenziare sia le eventuali prassi erronee e sia, invece, l’esistenza di iniziative mirate al superamento di tali criticità. Il funzionamento del processo telematico – che, eliminando i supporti cartacei, dovrebbe essere sinonimo di celerità – molto spesso si scontra con una infrastruttura informatica che si blocca e che costringe a continui riavvii, esasperando gli operatori.

Il sistema telematico, va detto, è ormai irrinunciabile. L’emergenza sanitaria ha accentuato ancora di più l’importanza di tale strumento, permettendo così la celebrazione dei processi anche durante il lockdown. Sul telematico nel settore civile, l’Italia è ai primi posti fra i Paesi europei. Forti sono stati gli investimenti da parte dei vari Ordini professionali. Il Coa di Milano, solo nei primi dieci anni dall’avvio del Pct, ha stanziato circa otto milioni di euro. Nel settore penale la strada pare essere ancora in salita, con i vari progetti di riforma ancora in una fase embrionale.