SISTO: ILLEGITTIMI VETO SUI POLITICI, RESPONSABILITÀ DIRETTA E SORTEGGIO

Erano troppi, 700 emendamenti. Troppi per una legge già complicatissima come la riforma del Csm. Ma quell’exploit irrazionale con cui i partiti, nelle scorse settimane, hanno travolto il maxiemendamento Cartabia al teso base, deve fare i conti anche con un altro aspetto: i punti davvero suscettibili di interesse, per i le forze politiche, si contano sulle dita delle mani. Lo si è capito dalla discussione andata avanti ieri alla Camera fra i capigruppo Giustizia della maggioranza. Ora le modifiche andranno definite anche con un’alchimia che lasci un trofeo ciascuno ai gruppi parlamentari presenti in commissione.

E poi, la seconda riunione celebrata ieri sulla riforma, a ventiquattr’ore dal summit del giorno prima con Marta Cartabia, ha ridotto le partite del torneo anche in virtù di un chiarimento: il governo non lascerà passare modifiche che tendessero a introdurre la responsabilità diretta dei giudici, il divieto di eleggere al Csm laici provenienti dal Parlamento e il “sorteggio temperato” per scegliere i togati. «Sono tre ipotesi che il ministero considera non condivisibili perché viziate da profili di incostituzionalità», ha chiarito Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia che ieri ha rappresentato via Arenula, visto che la guardasigilli era a L’Aja per il vertice alla Corte penale. Messaggio chiaro, da incrociare con l’altro consegnato mercoledì, al primo vertice, dal ministro ai Rapporti col Parlamento Federico D’Incà: «Non è escluso che si arrivi alla fiducia». E non ci vuole molto per capire che l’esecutivo blinderebbe in Aula la riforma del Csm a maggior ragione qualora la commissione Giustizia della Camera approvasse a maggioranza anche una soltanto delle tre modifiche ritenute contrarie alla Carta. D’altronde, sempre mercoledì, Cartabia aveva confermato la minacciosa prospettiva prospettata da D’Incà. Sisto ieri ha precisato il discorso. Quindi, a meno di voler perdere tempo ( l’approdo in Aula è ancora slittato, dal 28 marzo all’ 11 aprile), è inevitabile che i tre punti critici vengano esclusi dal tavolo. «È inevitabile perché è chiaro che se la maggioranza si approvasse qualcuna delle modifiche considerate incostituzionali da Cartabia, e divisive per la maggioranza, per esempio il sorteggio, la riforma finirebbe in un naufragio», spiega al Dubbio il capogruppo Pd in commissione Giustizia Alfredo Bazoli. «Con un risultato paradossale: anziché modificare l’ordinamento giudiziario e rimediare alle sue più gravi distorsioni, finiremmo per perpetuarlo con una mancata riforma». E però è chiaro pure come, in un quadro simile, non sia semplice contenere il disappunto dei partiti favorevoli alle tre proposte “bandite”. Ad esempio Enrico Costa, responsabile Giustizia di Azione, che vede così seppellita la sua idea di utilizzare il ddl sul Csm per recuperare la responsabilità dei magistrati non ammessa a referendum. Non saranno entusiasti neppure i 5 Stelle, che confidavano di ripristinare il testo Bonafede nella parte in cui sbarrava ai politici le porte di Palazzo dei Marescialli. Resterà delusa Forza Italia, che teneva al sorteggio. Ma proprio considerato che ci sono ancora altre partite aperte sulle quali, ha chiarito Sisto, «il governo non opporrà pregiudiziali alla libera scelta del Parlamento», almeno qualcuna di quelle opportunità dovrà concretizzarsi.

Lo si capirà in dettaglio lunedì, quando il conclave di maggioranza sulla giustizia tornerà a riunirsi, stavolta anche alla presenza di Cartabia. Potrebbe passare, per esempio, la richiesta 5 Stelle di impedire il rientro nella giurisdizione anche alle toghe cooptate come capi di gabinetto nei ministeri. Altrettanto probabile che si intervenga ancora sul sistema delle pagelle, con quei giudizi per i magistrati promossi alle valutazioni di professionalità e articolati in “discreto”, “buono” e “ottimo”. Senza rinunciare alla graduazione, l’azzurro Pierantonio Zanettin propone che per chi riporti un giudizio non positivo si modifichi l’attuale prospettiva di una “dispensa”, cioè del licenziamento, alla seconda bocciatura. Dettaglio che, spiega l’ex laico Csm, è all’origine di quel 99 per cento di promozioni attualmente partorito dal Csm.

E c’è, soprattutto, uno spazio aperto sulla separazione delle funzioni. «Culturalmente non la considero un tabù, tutt’altro», dice lo stesso Bazoli. È un punto caldo su cui il governo non mette paletti, la maggioranza orientata a impedire del tutto i passaggi da giudice a pm già c’è ( a prescindere dal Pd): per rendere ecumenica la scelta si potrebbero trovare formule originali.

Sempre Sisto ha spiegato ai delegati giustizia la modifica di matrice ministeriale in arrivo sui Consigli giudiziari: «Il voto degli avvocati sarà esplicitamente connotato, nella norma, come espressione dell’intero Ordine forense, e in più potrà essere anche positivo, diversamente da quanto avverrebbe, nei fatti, con la formulazione proposta nell’ultimo testo». Di sicuro l’apertura al Foro non sarà cancellata, come invece reclamava il parere approvato dal Csm mercoledì scorso. Novità possibili anche su ulteriori limitazioni per i fuori ruolo e sui criteri per nominare i capi degli uffici. «Come ha spiegato il premier Draghi, l’obiettivo è parlamentarizzare l’esame della riforma», ha ribadito ieri Sisto. C’è uno spazio per portare ancora a casa vittorie politiche. Non sconfinato, ma c’è.