Lo avrebbero torturato e seviziato sessualmente per oltre un mese all'interno della cella della casa circondariale siciliana "Luigi Bodenza" di Enna. Ieri l'indagine su questi indicibili fatti si è conclusa con l'arresto dei quattro presunti responsabili, all'epoca compagni di cella. A tre di loro, che si trovavano già detenuti nelle case circondariali di Catanzaro, di "Bicocca" a Catania e di Caltagirone, l'ordinanza è stata notificata in carcere, mentre il quarto è stato arrestato e condotto nel carcere di piazza Lanza, a Catania. La terribile vicenda è accaduta a luglio del 2015. La vittima era un detenuto, all'epoca trentenne, finito in carcere a Enna per il furto di un motorino. Lo avrebbero torturato per oltre un mese con l'acqua bollente della pasta che gli gettavano sui piedi e poi sulle ustioni spalmavano detersivi, sale, aceto. L'avrebbero anche stuprato e spento cicche di sigarette nelle parti intime. Inoltre lo avrebbero minacciato per costringerlo al silenzio: se si fosse ribellato avrebbero commesso ritorsioni verso i suoi familiari. A denunciare l'accaduto, alla fine, fu la madre. Se ne accorse durante un colloquio perché notò una gravissima tumefazione a un orecchio. A quel punto urlò verso le guardie penitenziarie dicendo perché si trovasse in quello stato. Immediatamente l'uomo è stato sottoposto ai controlli medici e sono stati scoperti i segni delle sevizie. La procura aprì immediatamente un'inchiesta e il ministero della Giustizia avrebbe disposto un'indagine interna per accertare la dinamica dei fatti e perché nessuno, tra chi opera nella struttura penitenziaria, si sia accorto di nulla.Non è la prima volta che nelle carceri italiane si verificano questi episodi di violenza. A marzo dello scorso anno un 22enne recluso al carcere di Rebibbia fu oggetto di indicibili sevizie da parte di due detenuti. Lo avevano costretto ad assumere uno psicofarmaco tranquillizzante, poi l'hanno minacciato con un coperchio di latta puntandolo al collo e l'hanno stuprato sessualmente. Ma la violenza non si fermava solo a questo. I due si appropriavano anche degli oggetti e dei beni ricevuti dal ragazzo in occasione delle visite con i suoi familiari, lo avevano costretto a umilianti atti di servilismo finalizzati ad affermare la loro posizione di supremazia in ambito carcerario. I due sono stati quindi trasferiti in altre carceri con tanto di provvedimenti disciplinari, e la stessa sorte è toccata anche agli altri detenuti che condividevano la stessa cella senza aver prestato soccorso alla vittima. Uno dei due detenuti - indagati nel frattempo per "violenza sessuale" e "atti persecutori" - era stato arrestato esattamente un anno fa in merito dell'omicidio del manager tedesco Degenhardt Oliver, ritrovato assassinato all'interno della sua abitazione romana in via dei volsci, quartiere San Lorenzo.C'è una problematica del sistema carcerario che è un vero e proprio tabù. Ai dati sul sovraffollamento e i trattamenti inumani e degradanti che inducono molti detenuti a togliersi la vita, devono essere aggiunti quelli legati agli abusi sessuali sui prigionieri. Violenze sessuali che vengono taciute, alcune volte, persino dalle associazioni umanitarie per un incomprensibile senso del pudore. Gli attivisti di EveryOne - un'associazione che si occupa dei diritti umani - tramite una ricerca hanno stimato, considerando anche la mancanza di strumenti atti a tutelare gli internati dagli abusi, che si verificano nelle case circondariali italiane almeno 3 mila casi di stupro e riduzione alla schiavitù sessuale ogni anno. È una dato che corrisponde al 40% degli stupri totali che avvengono in Italia. «Quando entri in carcere - hanno rivelato alcuni ex-detenuti a EveryOne - se sei giovane o comunque hai un aspetto gradevole, diventi necessariamente la "fidanzata" di un detenuto oppure vieni ripetutamente violentato dai reclusi che hanno più potere e considerazione nella gerarchia che esiste dietro le sbarre». Ma non solo, gli ex detenuti hanno poi raccontato all'associazione che " molti ragazzi si tagliano le braccia, le gambe, il petto, il viso e compiono altri atti di autolesionismo per sottrarsi a tali pratiche, mentre altri tentano il suicidio". La violenza su un giovane in carcere non è considerata un atto omosessuale, ma una manifestazione di forza virile e di potere. Non a caso i detenuti omosessuali sono le prime vittime degli abusi.