Il Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa è soddisfatto dai passi in avanti compiuti dall'Italia con la riforma dell'ergastolo ostativo, che in precedenza non consentiva ai condannati per i reati (soprattutto di stampo mafioso) che rientrano nell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario, di poter usufruire di benefici come la liberazione condizionale se non collaborano con la giustizia, anche quando altri elementi ne provano la riabilitazione. Ma nel contempo, visto che tale riforma è entrata in vigore da poco, precisa che ciò ancora non consente una valutazione sulla vera efficacia.

Il Consiglio d’Europa, ricordiamo, si occupa di verificare il rispetto delle sentenze della Corte Europea dei diritti umani (Cedu) di Strasburgo. Ha preso tale decisione dopo aver verificato la documentazione che il Governo italiano ha inviato in settimana. Il riferimento è alla sentenza della Cedu emessa il 13 giugno 2019, resa nel caso “Viola contro Italia”, la quale ha stabilito in modo tranciante che l'ergastolo ostativo viola il divieto di trattamenti degradanti e inumani e il generale rispetto della dignità umana. Secondo la Corte europea, cui il Viola aveva denunciato la violazione dell'art. 3 (divieto di trattamenti umani e degradanti) e dell'art. 8 (diritto al rispetto della vita privata e familiare) della Convenzione europea dei diritti umani, per un verso, il difetto della collaborazione non può sempre essere collegato a una scelta libera e volontaria, per altro verso, la collaborazione non sempre riflette un vero cambiamento o una effettiva dissociazione dall'ambiente criminale.

In sostanza i giudici di Strasburgo avevano evidenziato che il rifiuto di collaborare del detenuto non è necessariamente legato alla continua adesione al disegno criminale e, d’altra parte, potrebbero aversi collaborazioni per semplice “opportunismo” non legate a una vera dissociazione dall’organizzazione mafiosa, per cui non può operarsi un’automatica equiparazione tra assenza di collaborazione e permanere della pericolosità sociale. Su queste premesse la Corte europea aveva concluso che “l’assenza di collaborazione con la giustizia determina una presunzione inconfutabile di pericolosità sociale” che ha per effetto di privare il detenuto di qualsiasi prospettiva di liberazione in contrasto con la funzione di risocializzazione della pena, che consente all'individuo di rivedere criticamente il suo percorso criminale e di ricostruire la sua personalità, e con il rispetto della dignità umana che si trova al centro del sistema messo in atto dalla Convenzione.

Come sappiamo, dopo è arrivata la sentenza della Consulta che ha fatto cadere l’ostatività per il permesso premio. Ancora dopo, ha rinviato la decisione sull’ostatività alla liberazione condizionale, lanciando la palla al parlamento affinché varasse una riforma. Il governo Meloni, appena insediato, ha varato la riforma tramite decreto urgente. Nato nel 1992 dopo la strage di Capaci e inasprito rispetto a quello ideato da Giovanni Falcone (non precludeva i benefici per in non collaboratori), tale ergastolo è stato cancellato dall’attuale governo: ha sostituito la preclusione assoluta di pericolosità – un marchio a vita – con una preclusione relativa.

A tale risultato si è arrivati non per le trame oscure, presunte trattative, ma per il grande lavoro dei magistrati di sorveglianza che hanno sollevato la questione alla Cassazione e alla Corte Costituzionale. Così come la condanna da parte della Cedu è avvenuta grazie al ricorso dell’ergastolano Marcello Viola, assistito dagli avvocati Antonella Mascia, Valerio Onida e Barbara Randazzo; con tanto di un testo, in qualità di “amici curiae”, elaborato da un gruppo di professori dal calibro di Davide Galliani, Andrea Pugiotto, Gluaco Giostra, Vittorio Manes, Emilio Santoro, Sergio D’Elia di Nessuno tocchi Caino, Patrizio Gonnella di Antigone, il garante nazionale dei detenuti Mauro Palma e garanti come Stefano Anastasia e Franco Corleone.

Ora il consiglio d’Europa valuta positivamente la riforma, perché seguirebbe le indicazioni della sentenza Cedu. Ma per una decisione definitiva, ha chiesto a Roma di fornire – entro il 30 settembre - informazioni sul funzionamento concreto ed esempi di ordinanze che hanno concesso i benefici agli ergastolani. Di fatto, è stato salutato con favore questa riforma che però - secondo diversi giuristi - ha reso quasi impossibile accedere soprattutto alla liberazione condizionale richiedendo troppe condizioni, come ad esempio la prova diabolica che riguarda non solo l’inesistenza dei legami con la mafia, ma anche l’impossibilità di ricostruirli. Il Consiglio dei ministri, salutando con favore questa riforma, deducendo che finalmente la riforma dell'articolo 4bis ha introdotto la possibilità per i detenuti che non collaborano con la giustizia di essere ammessi alla liberazione condizionale, rimane in attesa dell’efficacia. Di fatto, nonostante i numerosi paletti, al di là della propaganda, il Governo Meloni ha messo un punto fermo: l’ergastolo ostativo, per come lo abbiamo conosciuto negli ultimi 30 anni, ad oggi non esiste più.