LE TOGHE DI AREA IN DIFESA DEL TRIBUNALE CIVILE DI MILANO

La tutela dei diritti non può e non deve poggiare su motivazioni politiche. E chi afferma il contrario, attribuendo «impropriamente» alla magistratura condizionamenti di sorta, assume atteggiamenti «lesivi del prestigio e dell’indipendente esercizio della giurisdizione tali da determinare un turbamento al regolare svolgimento o alla credibilità della funzione giudiziaria». A metterlo nero su bianco sono le toghe di Area, con una nota indirizzata al Comitato di presidenza del Consiglio superiore della magistratura: oggetto della richiesta è una pratica a tutela dei giudici della Sezione specializzata del tribunale di Milano in materia di protezione internazionale, le cui decisioni – sottolineano i magistrati di Area – rischiano di essere «banalizzate ed utilizzate strumentalmente» da una parte della stampa «per diffondere nell’opinione pubblica timore e preoccupazione legati al tema dell’immigrazione». Nel mirino delle toghe progressiste alcuni articoli, pubblicati negli ultimi giorni, in cui si riporta la decisione dei giudici milanesi di considerare anche l’impatto della pandemia nei paesi di origine dei migranti per la concessione della protezione umanitaria in Italia.

Si tratta di una linea inedita, assunta dal Tribunale civile di Milano con una serie di ordinanze deposistate a ridosso di Natale: il rischio determinato dal Covid, in sostanza, al pari o unitamente ad altri scenari di crisi o pericolo, può essere motivo di accoglimento dello straniero che non possa avvalersi dello status di rifugiato o della protezione sussidiaria.

In questi casi, chiariscono i giudici, non sono esclusivo oggetto d’esame i vissuti dei singoli richiedenti, né l’opzione introdotta agisce automaticamente: la protezione umanitaria può essere concessa qualora la pandemia comporti nel paese di origine del richiedente un rischio tale da aggravare ulteriormente lo straniero già vulnerabile.

Nel dettaglio, l’impatto del virus è valutato in base all’indice del Joint Research Centre della Commissione Europea - l’Inform Epidemic Global Risk Index – che evidenzia tre fasce di rischio sulla scorta di cento parametri: il pericolo di esposizione ( dalla densità demografica all’accesso all’acqua corrente), le criticità legate all’insicurezza alimentare e la capacità del sistema a partire dal settore sanitario.

Nel contestare alcune «ricostruzioni fuorvianti» della stampa, i magistrati di Area sottolineano, infine, che si tratta di decisioni assunte «caso per caso, che sempre rivalutano i dinieghi decisi in sede amministrativa alla luce di un ricorso di parte». «I provvedimenti giudiziari possono certamente essere oggetto di dibattito e di valutazione da parte dell’opinione pubblica, ma nel rispetto della professionalità dei magistrati e attraverso una corretta rappresentazione del contesto normativo che sorregge la difficile attività interpretativa di adeguamento alla realtà concreta della situazione geo- politica», spiegano i togati richiamando una sentenza del 2018 della Corte di giustizia dell’Unione Europea e un pronunciamento delle sezioni unite della Cassazione.

«Gli articoli richiamati - denunciano i magistrati - attribuiscono ai giudici che le hanno emesse intenzioni e motivazioni di carattere politico del tutto improprie ed ulteriori rispetto all’applicazione della legge e alla tutela dei diritti che questa afferma» .