Non poteva che svolgersi nel segno di Marco Pannella la presentazione del Rapporto sulla pena di morte di Nessuno tocchi Caino. L'organizzazione che da quasi un quarto di secolo si batte per cancellare le esecuzioni capitali in tutto il mondo assegna alla memoria dello storico leader radicale il premio di "Abolizionista del secolo". Una variante inevitabile alla dicitura che viene tradizionalmente utilizzata, quella di "Abolizionista dell'anno". «Marco è il nostro leader, e se ci guarda da lassù magari si sta pure arrabbiando: ci scuoterebbe con un 'ma quale memoria, io sono lì con voi'», dice in apertura dell'incontro a via di Torre Argentina Sergio D'Elia, che di Nessuno tocchi caino è il segretario. «Molti di noi ritengono che Marco continui ad ispirarci, a guidare i nostri passi». Attorno a un banco dei relatori troppo piccolo per accogliere tutti si riuniscono i custodi del Partito radicale, Rita Bernardini, Maurizio Turco, Matteo Angioli, oltre a D'Elia e alla tesoriera della Ong abolizionista, Elisabetta Zamparutti, e a tre figure di rilievo del governo, Gennaro Migliore, Benedetto Della Vedova e Sandro Gozi, sottosegretari rispettivamente alla Giustizia, aglli Esteri e agli Affari europei. Un affollarsi che è anche farsi forza di fronte all'assenza fisica di Marco. In un'atmosfera però che è di speranza, innanzituitto per il dato che più interessa segnalato dalla curatrice del rapporto annuale, Zamparutti, ossia il numero dei Paesi abolizinisati, che ha raggiunto ormai quota 160. Ma anche per l'incoraggiamento «non rituale», come nota Della Vedova, che arriva dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella: «La decisione di conferire a Marco Pannella, alla memoria, nell'anno della sua scomparsa, il titolo di Abolizionista del secolo, rappresenta un riconoscimento che ne sottolinea l'impegno pluridecennale, carico di passione civile e di positive conseguenze sul piano dell'impegno internazionale contro la pena di morte», recita il messaggio inviato dal capo dello Stato, che D'Elia legge per intero svelando solo alla fine l'autore. Mattarella ricorda di Pannella «l'azione paziente e tenace di tessitore di un filo che, lungi dall'esaurirsi nella dimensione politica nazionale, ne ha trasceso i confini, ha assunto un valore globale, appassionando alla difesa della vita e della dignità dei condannati cittadini e leader politici di tutto il mondo». Ma soprattutto il presidente della Repubblica segnala il peso che la battaglia radicale contro le esecuzioni capitali ha avuto rispetto al prestigio del Paese nelle relazioni internazionali: «Se oggi l'Italia costituisce, in Europa e nel mondo, un'autentica avanguardia contro la pena capitale, ciò si deve anche alla costante riflessione condotta in seno a Nessuno tocchi Caino, di cui il tradizionale Rapporto costituisce un risultato di elevato valore morale e indubbia valenza politica». È il concetto che ribadsisce l'ex ministro degli Esteri Giulio Terzi, sempre più compartercipe delle battaglie radicali, che ricorda come il ruolo dell'Italia alle Nazioni unite «si sia rafforzato proprio grazie alla campagna contro le esecuzioni». I numeri È Elisabetta Zamparutti a passare in rassegna le principali statistiche contenute nel rapporto. Innanziututto quella che classfica i 160 Paesi che hanno deciso di abolire il patibolo: di questi, 104 sono totalmente abolizionisti, 6 sono abolizionisti per crimini ordinari e 6 sono quelli che hanno adottato una moratoria delle eseciuzioni. Ma forse il dato più significativo è quello che registra il numero degli Stati dalla cui legislazione è stata cancellata la pena di morte: erano 54 nel 2005, al 30 giugno di quest'anno se ne contano 38. Ci sono però almeno due ombre pesanti. La prima è quella del numero delle esecuzioni totali compiute l'anno scorso, che è salito: 4.040 a fronte delle 3.576 conteggiate nel 2014. «Lo si deve al ricorso fortemente incrementato della pena capitale per i reati di droga e terrorismo in tre Paesi: Iran, Arabia Saudita e Pakistan. In quest'ultimo c'è stata alla fine del 2014 una revoca della moratoria per i reati di terroroismo, a causa della quale sono state impiccate almeno 30 persone». In Iran si registra un aumento delle esecuzioni del 21 per cento: dalle 800 del 2014 si arriva alle 970 del 2015. Ma «il Paese boia», dice ancora Zamparutti, resta la Cina, «che ha eseguito almeno 2.400 condanne a morte, circa il 59% del totale mondiale». Sempre in Cina, Arabia Saudita e Iran si registra un trend preoccupante anche per i primi 6 mesi del 2016, in cui le pene capitali esefguite sono state 116. I reati di droga ripropongono l'emergenza in Indonesia, che ha fatto contare 14 esecuzioni l'anno scorso e 4 pochi giorni fa, il 29 luglio. Recentissime anche le 29 esecuzioni per terrorismo eseguite dall'Iran per 29 curdi sunniti. In Europa l'unico Stato che abbia fatto registrare esecuzioni capitali è la Bielorussia, dove quest'anno è stato giustiziato un cittadino, mentre gli Stati Uniti continuano ad essere il solo Paese delle Americhe che ricorra alla pena di morte, con 28 esecuzioni nel 2015. «Il quadro deve tenerci in allerta sia per le minacce propagandistiche di un ritorno alle esecuzioni da parte della Turchia», ricordano sia Gozi che Della Vedova, «sia perché neppure la barbarie dei nazisti islamcici può giustificare la difesa della vita attraverso la morte». E questo Pannella lo avrebbe sottoscrirtto in pieno.