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Sono 8.653 i detenuti oltre la capienza regolamentare. Secondo i dati elaborati dal Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, al 30 settembre di quest’anno il sovraffollamento aumenta in maniera esponenziale. Risultano 59.275 detenuti su 50.622 posti disponibili. Basti pensare che il mese precedente, al 31 agosto, risultavano 8.513 detenuti in più. Ancor prima, a luglio, erano invece 7.882 i ristretti oltre i posti disponibili. I numeri del sovraffollamento risulterebbero addirittura maggiori se si sottraessero dai posti disponibili circa 5000 celle inagibili che, invece, vengono conteggiate nei 50.622 posti disponibili. Il sovraffollamento quindi è destinato ad aumentare nonostante che nel passato, grazie a diverse misure adottate dopo la sentenza Torreggiani, si sia ridimensionato.
A tal proposito bisogna andare a vedere cosa dice l’ultima relazione del Garante nazionale delle persone private delle libertà. Non ha potuto non fare a meno di riferirsi alla riforma dell’ordinamento penitenziario – oggi riscritta, modificata radicalmente e approvata dall’attuale governo– le cui radici culturali e giuridiche si posano sugli obblighi a cui la Corte di Strasburgo ha richiamato il nostro Paese nel tempo, dalla sentenza Sulejma- novic contro l’Italia del 2009 fino a quella “pilota” Torreggiani e altri dell’ 8 gennaio 2013: obblighi che imponevano non soltanto di superare il problema del sovraffollamento degli Istituti penitenziari, ma anche di rimodulare l’esecuzione della pena in carcere in termini congruenti a tutti i parametri che integrano l’osservanza dell’articolo 3 della Convenzione, nonché di prevedere forme di rimedi interni, preventivo e compensativo. Si sottolinea che il Consiglio d’Europa aveva riconosciuto il lavoro fatto dall’Itlia per rispondere adeguatamente a tali richieste e ha conseguentemente chiuso il caso l’ 8 marzo 2016. Da qui però la necessità di superare le criticità adeguando l’ordinamento penitenziario al dettato costituzionale e alla convenzione europea. Con i provvedimenti adottati in conseguenza di quella sentenza “pilota” i numeri sono consistentemente calati, fino a giungere a 52.434 in ottobre 2015, per poi però riprendere la via dell’aumento, più lento, ma apparentemente inesorabile e del tutto non connesso ai numeri che indicano una riduzione dei reati denunciati.
La soluzione della costruzione di nuove carceri, proposta dal ministro della Giustizia Alfonso Bonafede, è già stata prospettata dai governi passati tramite il “piano carceri” che si rivelò fallimentare. Uno scenario quindi già visto: si costruisce un nuovo contenitore, nel giro di poco si sovraffolla o si lascia inattivo per mancanza di fondi. È successo negli anni 80, poi ripetuto nel 2008 e poi nel 2010. Di fronte all’emergenza, la politica, vecchia e nuova, risponde con la costruzione di nuove carceri che puntualmente non bastano mai. Motivo per il quale, il Comitato europeo per la prevenzione della tortura ( Cpt) sottolineò come costruire nuove carceri per risolvere il problema del sovraffollamento non è la strada giusta, perché “gli Stati europei che hanno lanciato ampi programmi di costruzione di nuovi istituti hanno infatti scoperto che la loro popolazione detenuta aumentava di concerto con la crescita della capienza penitenziaria”. Viceversa, “gli Stati che riescono a contenere il sovraffollamento sono quelli che hanno dato avvio a politiche che limitano drasticamente il ricorso alla detenzione”.
Ancora rimane la permanenza dei bambini dietro le sbarre. Sono 50 le mamme detenuti che hanno un totale di 59 figli al seguito. Una trentina sono all’interno del carcere, mentre il resto dei piccoli sono negli Istituti a custodia attenuata che rientrano, però, sempre dentro il perimetro penitenziario. Anche in questo caso, la soluzione del guardasigilli è una sola: costruire più Icam e non rendere più fruibile la detenzione domiciliare come prevedeva la riforma originaria.