Un grido strozzato in una cella del carcere Pagliarelli di Palermo, mercoledì scorso. L’ennesimo. Il trentaquattresimo dall’inizio di questo anno maledetto, scandito da una mattanza silenziosa che nessuno sembra voler veramente ascoltare. L’ultima vita spezzata apparteneva a un uomo che avrebbe dovuto riassaporare la libertà tra appena dodici mesi. Lottava contro la tossicodipendenza. La sua disperazione è l’emblema di un sistema penitenziario allo sbando dove la dignità è annichilita da numeri spaventosi, numeri che urlano un’emergenza nazionale: oltre 16.000 detenuti in più rispetto alla capienza regolamentare.

In questo scenario apocalittico, dove la “certezza della pena” si trasforma nella certezza dell’annichilimento, un segnale inattivo, flebile ma potenzialmente rivoluzionario, arriva dalla sommità dello Stato. Ignazio La Russa, Presidente del Senato, uomo simbolo di Fratelli d’Italia, custode di un rigore penale ultra intransigente, rompe un tabù. Non parla di indulti, rifiuta l’amnistia. Ma la sua esperienza di ex penalista gli impone di guardare in faccia l’orrore e con una nota, ufficialmente apre alla liberazione anticipata speciale.

«Non sono disponibile a indulti e amnistie ma ho fatto il penalista e conosco bene la situazione delle carceri, e sono convinto che accanto alla certezza della pena vi debba essere la certezza che la detenzione sia scontata in condizione di assoluta civiltà. E soprattutto, sono convinto si debba spezzare quella catena della recidiva che fa pensare a chi viene detenuto che non vi siano alternative. Il governo ha approntato un piano per affrontare quella che ormai è una vera emergenza, con una presenza di detenuti che spesso arriva al 150% della capienza possibile negli istituti penitenziari. In attesa che alle parole seguano i fatti, ci vorranno almeno due o tre anni prima che le riforme prendano piede. Allora, in questo tempo, vorrei impegnarmi da una parte a favorire il dialogo tra i ministeri competenti e la proposta di “Spazio Aperto” – che ho trovato interessante – dall’altra a favorire a titolo personale l’esame di una proposta sul tipo di quella di Giachetti che aumenti gli sconti di pena già previsti dalla legge per un periodo sufficiente a superare l’emergenza».

È il messaggio con cui il presidente del Senato Ignazio La Russa ha acceso un dibattito destinato a scuotere i palazzi della maggioranza di centrodestra. Un invito a guardare oltre l’orizzonte degli slogan, per mettere al centro un problema da tempo ignorato: il carcere nostrano al collasso. Come riferisce l’associazione Antigone nel suo ultimo rapporto, al 30 aprile 2025 i detenuti in Italia erano 62.445, a fronte di una capienza regolamentare di 51.280 posti. Ma considerando i posti non disponibili (oltre 4.000), il tasso reale di affollamento è del 133%, con circa 16.000 persone che non hanno un posto regolamentare. Su questa folla umana, come detto, si abbatte un’onda nera: 34 suicidi dall’inizio dell’anno, l’ultimo dei quali è avvenuto mercoledì scorso nel penitenziario siciliano di Pagliarelli. L’uomo, con una pena residua di un anno e alle prese con una tossicodipendenza difficile da gestire in cella, non ce l’ha fatta. Un dramma che si ripete con frequenza spaventosa, e che racconta l’urgenza di misure concrete.

L’antefatto: l’incontro e la proposta Giachetti

Lo spiraglio non è nato per caso. È il frutto di un incontro concreto, avvenuto la scorsa settimana nello studio del Presidente del Senato. Ad incontrare La Russa sono andati Roberto Giachetti, deputato di Italia viva, storico esponente radicale, e Rita Bernardini, Presidente dell’associazione Nessuno Tocchi Caino, da decenni – con spirito pannelliano - in prima linea per i diritti dei detenuti. Un dialogo franco, costruttivo, che ha portato La Russa a superare pregiudizi ideologici e a riconoscere la gravità incombente.

Al centro del colloquio, la proposta concreta elaborata da Giachetti e sostenuta dall’opposizione tranne il Movimento Cinque Stelle. Non uno “svuota carceri” indiscriminato, bensì una misura temporanea, mirata e selettiva. Oggi chi dimostra buona condotta – niente aggressioni, rispetto delle regole, partecipazione ai percorsi di recupero – può già contare su uno sconto di 45 giorni ogni sei mesi di pena. Giachetti spinge per portare questo beneficio a 75 giorni, per un periodo limitato di due anni. Un’operazione calibrata, che esclude automaticamente chi ha aggredito il personale penitenziario e che punta a scaricare almeno tremila posizioni entro l’anno. La Russa, dal canto suo, crede che basterebbe fissare la soglia a 60 giorni, «così da non svuotare il carcere ma consentire alla pena di essere scontata in modo civile». E ha ripetuto in questi giorni, spiegando di aver già confrontato l’ipotesi con la presidente del Consiglio Giorgia Meloni: «A che servono sale cinema o corsi di musica se poi otto persone devono condividere quattro metri quadrati»?

Non è dato sapere la reazione di Palazzo Chigi, ma il fatto stesso che il tema sia sul tavolo del vertice è significativo. Ancor più significative sono le uscite di altri esponenti della maggioranza. Renato Brunetta, Presidente del Cnel ed ex ministro, pur non entrando nel merito della proposta Giachetti, insiste sulla necessità di «interventi rapidi», suggerendo di concentrarsi sui «6-7 mila detenuti con una pena residua inferiore a un anno». Evoca con forza interventi sul lavoro, l’istruzione e il reinserimento, «fondamentali per ridurre la recidiva». E il viceministro della Giustizia, Francesco Paolo Sisto (Forza Italia), in videocollegamento al convegno “La fine del sistema infinito”, pur ribadendo la linea dura dell’esecutivo: «Il governo non ha la passione per degli svuota carceri perché riteniamo che non siano provvedimenti rieducativi. Non si può lasciare il carcere perché non c’è posto», ricorda che in Parlamento «è stata bocciata una norma» sullo sconto di pena presentata da Giachetti.

Alla fine del suo intervento Sisto va oltre e lascia intendere che l’apertura di La Russa potrebbe non essere un fuoco fatuo: «Magari si potrebbe valutare una proposta orientata verso percorsi rieducativi». E alla domanda diretta sull’apertura di La Russa alla norma Giachetti (con modifiche), la risposta è un semaforo giallo, quasi verde: «Se dovesse accadere non saremo noi di FI a storcere il naso».

L’incontro La Russa-Giachetti-Bernardini ha quindi aperto una crepa nel muro di diffidenza della maggioranza. La proposta Giachetti, con la mediazione sui giorni proposta da La Russa (60 invece di 75) e le rassicurazioni sulla selettività (nessun beneficio per gli aggressivi), diventa terreno concreto di una possibile trattativa bipartisan. Ma la strada è irta di ostacoli. La resistenza culturale nel centrodestra ad ammorbidire le misure penali è forte. Il governo Meloni dovrà decidere se assecondare l’iniziativa del suo stesso Presidente del Senato, trasformando quello “spiraglio” in un disegno di legge d’urgenza. Ogni giorno di ritardo ha un costo umano inaccettabile, segnato dal rischio concreto dell’ennesima ecatombe carceraria e situazione esplosiva che non sarà certo l’ennesima legge repressiva ad evitarla.