Annalisa Chirico, giornalista e fondatrice del movimento "Fino a prova contraria", ha pubblicato ieri sul Foglio un interessante studio dei dati relativi alla prescrizione dei procedimenti penali in Italia. Studio che merita di essere approfondito e commentato, visto che cristallizza in maniera inconfutabile alcune verità che non faranno certamente piacere ai giustizialisti in servizio permanente effettivo.Partendo dalle rilevazioni statistiche del Ministero della Giustizia, raccolte in un documento dello scorso maggio, la giornalista ha potuto constatare che circa il 60% delle prescrizioni avvengono nella fase delle indagini preliminari. Quindi nella fase in cui il pubblico ministero è dominus assoluto del procedimento e dove la difesa, usando una metafora calcistica, "non tocca palla".Il dato smentisce una volta per tutte la vulgata che vedrebbe l'indagato ed il suo difensore porre in essere condotte dilatorie per sottrarsi al giudizio. Quella che viene comunemente chiamata "fuga dal processo". Di contro, certifica l'assoluta discrezionalità dell'ufficio del pubblico ministero nella gestione del procedimento. Com'è noto, attualmente, nessuna sanzione è prevista per il Pm che ritarda la definizione di un suo fascicolo oltre il termine delle indagini preliminari. Anzi, la proposta di prevedere l'avocazione del procedimento da parte della Procura generale trascorsi 3 mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini, ha scatenato la rivolta dei pubblici ministeri.L'analisi riserva, poi, altre sorprese. Ad esempio una gestione degli affari penali a "macchia di leopardo". Se esistono uffici virtuosi, in cui la prescrizione è praticamente inesistente e tutti i procedimenti vengono definiti in tempo, di contro in molti tribunali tale istituto raggiunge percentuali veramente sorprendenti.Anche in questo caso, dunque, è molto difficile "scaricare" la responsabilità sull'indagato e sul suo difensore. Piuttosto è un problema di organizzazione dell'ufficio. E non di aree geografiche. Visto che si prescrivono, per fare un esempio, più reati a Parma che a Palmi.In conclusione, il danneggiato è sempre il cittadino che, purtroppo, paga sulla sua pelle le inefficienze del sistema.