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Cartabia
L’idea ha un copyright autorevole, Enrico Costa: «Ritorno alla prescrizione ante Bonafede». Il responsabile Giustizia (e vicesegretario) di Azione lo ha proposto sabato scorso su twitter, in risposta al presidente dell’Unione Camere penali Gian Domenico Caiazza, che si è appellato ai partiti affinché considerino la giustizia centrale nel futuro Parlamento.
Di prescrizione non si sentiva parlare praticamente da un anno. Cioè da quando il “blocca- prescrizione” targato Bonafede era stato diluito nella nuova, controversa norma sull’improcedibilità, inserita nella riforma Cartabia. Soluzione criticata dagli accademici (sul Dubbio sono stati continui gli interventi di professori come Giorgio Spangher e Paolo Ferrua, per esempio) ma persino dai magistrati, che lamentano problemi di applicabilità e complessità della disciplina. Si dirà: se parte da Azione, forza certo non destinata a ottenere la maggioranza relativa, l’ipotesi resta lì dov’è. E invece è interessante la replica che, sul punto, arriva da Fratelli d’Italia, partito oggi accreditato per la vittoria e per la conquista della premiership.
Alberto Balboni, vicepresidente della commissione Giustizia del Senato e, con Andrea Delmastro, tra i punti di riferimento sul penale per Giorgia Meloni, è lapidario: «Meglio tardi che mai. Meglio che finalmente anche da chi ora milita in partiti come quello di Calenda o in Italia viva arrivino considerazioni che noi facciamo da anni. Dov’erano gli altri quando noi chiedevamo che la prescrizione venisse riformata, e che non la si sostituisse con l’improcedibilità, istituto a metà fra il sostanziale e il processuale, privo di senso?».
Balboni, nel ricordare le posizioni assunte da FdI nel corso dell’ultima legislatura, lascia intravedere una seria possibilità di tornare a un modello di prescrizione analogo a quello della legge Orlando. Perché appunto, il partito di Meloni sarà con ogni probabilità decisivo: «Fin da quando si è ipotizzato di passare dalla prescrizione di Bonafede all’improcedibilità, noi abbiamo sempre sostenuto che il nuovo istituto avrebbe allungato i tempi dei processi. Il motivo è semplice: nel momento in cui il giudice di primo grado ha a disposizione tutto il tempo consentito prima che il reato si estingua, tende a utilizzarlo per intero. Prima invece, con la prescrizione, lo stesso giudice sapeva bene che se non avesse lasciato un margine sufficiente per i successivi gradi di giudizi, il reato sarebbe inevitabilmente decaduto, e cercava di affrettarsi».
FI per ora indica altre priorità: separazione delle carriere e divieto di impugnare le assoluzioni. La Lega, nel proprio programma, non considera la riforma della prescrizione. Ma se Fratelli d’Italia sarà disponibile a discuterne, la partita potrebbe riaprirsi. «È un istituto di civiltà. Il processo non può durare decenni, non ci si può allontanare così tanto dall’epoca del reato al punto che i testimoni non ricordano nulla e l’accertamento diventa impossibile. Naturalmente», aggiunge Balboni, «si deve lavorare a una riforma che riveda le cause interruttive, alcune modalità, in modo da evitare che certi fenomeni, seppur non frequenti, possano offendere il sentimento di giustizia. Ma noi ci siamo sempre battuti contro la norma Bonafede, su questo non ci sono equivoci».
E il Pd? In origine, proprio i dem, “titolari” della riforma Orlando, avevano proposto di imporre un limite di scadenza alle fasi dei processi anziché ai reati. Ipotesi avanzata per mediare con gli allora alleati grillini, irremovibili nella difesa del loro “blocca- prescrizione”. Poi la commissione Lattanzi aveva detto: meglio tornare alla legge Orlando, con un lieve riequilibrio, ma se proprio si vuole evitare questa scelta, allora sì, si può prevedere un tempo limite alle fasi del processo. E quel disegno proposto dai “saggi” di Cartabia poteva avere anche un suo rigore.
In Parlamento sappiamo com’è finita: improcedibilità solo in appello e in cassazione, ma con un doppio binario che esclude o regola in modo più severo i processi per i reati ad alto “allarme sociale”. In aggiunta, norme transitorie, diversificazioni complicatissime. Ora l’idea: finita l’era in cui il Movimento 5 Stelle aveva la golden share, non c’è più motivo di tenersi l’improcedibilità. Costa mette sul tavolo un’idea semplice semplice: tornare alla prescrizione di Orlando, che prevedeva uno stop al cronometro di tre anni in tutto, fra secondo e terzo grado di giudizio. Chi starà al gioco?
Più che al Pd, appunto, il quesito va rivolto al centrodestra, considerato che è lo schieramento favorito dai pronostici. E se si può dare per plausibile la disponibilità di massima di azzurri e Carroccio, è particolarmente “pesante” quella di FdI. Poi certo, resta l’incognita: si avrà il coraggio di un dietrofront su una materia sempre scivolosa come la prescrizione? È presto per esserne certi, ma almeno se ne può parlare.