«Il giorno in cui avvocati e magistrati si presenteranno con proposte comuni di riforma davanti a un ministro della Giustizia, esprimeranno una forza non contrastabile». Il presidente del Cnf Andrea Mascherin parla all’inizio di una lunga giornata di studio e confronto tra i due soggetti della giurisdizione. Un seminario sull’esame preliminari dei ricorsi in appello nato lontano nel tempo e che di fatto realizza la profezia del vertice dell’avvocatura istituzionale. Perché si discute di efficienza e garanzie, diritto al contraddittorio e rapidità nelle decisioni, senza che neppure vi sia un legislatore o un governo a cui sottoporre le conclusioni. La riforma del processo, nell’incontro svoltosi per l’intera giornata di ieri presso la sede del Consiglio nazionale forense, si compie seduta stante, secondo il principio delle buone prassi che ridisegnano la giustizia oltre le leggi approvate in Parlamento.

Si tratta dunque del giudizio d’appello, in particolare dell’esame preliminare delle impugnazioni. Un tema che viene affrontato in due sessioni da presidenti di Corti d’appello e procuratori generali insieme con consiglieri dello stesso Cnf. Un tirare le somme di un lavoro comune avviato già nello scorso mese di luglio, subito dopo che sull’approfondimento preliminare dei ricorsi il Csm aveva approvato un’importante delibera.

Immediatamente si era messo al lavoro un tavolo tecnico congiunto formato da gran parte dei relatori intervenuti all’incontro di ieri. Dal confronto ora potrebbe venire un documento propedeutico a un protocollo comune Csm-Cnf, che indicherebbe in modo ancora più specifico le buone prassi organizzative per l’esame delle impugnazioni in secondo grado.

Tecnica del processo? Meri dettagli per l’applicazione quotidiana di norme generali? No. Assolutamente non è così.

Al seminario tra magistrati e avvocati si scrive la risposta di sistema al processo mediatico. La contromisura alle accuse di inefficienza. La soluzione possibile al teorema di una giustizia ostacolo alla crescita e agli investimenti. Dunque il cuore del problema. La riforma di tutte le riforme. Perché in grado di tacitare populisti di maniera e declinisti più o meno interessati.

Il tema rischia di essere sulla carta tra i più divisivi, perlomeno rispetto alla contrapposizione tra accusa e difesa. Nel lungo titolo dell’incontro si parla di “Proposte applicative delle delibere del Csm in tema di esame preliminare degli atti introduttivi delle impugnazioni e tecniche di redazione dei provvedimenti”. Le due delibere in questione sono innanzitutto la sopraricordata risoluzione del 5 luglio scorso, con cui l’organo di governo autonomo della magistratura ha indicato alcune linee guida generali sul funzionamento dell’ufficio del processo, in particolare rispetto all’esame preliminare dei ricorsi. L’altro atto consiliare risale a pochi giorni fa, al 13 settembre scorso, ed è quello con cui lo stesso Csm ha previsto che prima di «giungere a criteri organizzativi» si sarebbe dovuti passare per un confronto tecnico con il Cnf.

Quello organizzato ieri. Il tutto, come recita la seconda delle due delibere del Consiglio superiore, in modo da redigere appunto «una proposta di protocollo» e criteri organizzativi tabellari. Significa che su come gestire i «flussi» dei ricorsi, i magistrati non decidono da soli: lo fanno con gli avvocati. Firmano un protocollo condiviso. È la concreta realizzazione del protocollo d’intesa generale sottoscritto da Mascherin e dal vicepresidente del Csm Giovanni Legnini poco più di un anno fa, nel luglio del 2013. Con il seminario di ieri, inedito per il fatto stesso di svolgersi nella sede dell’avvocatura istituzionale, magistrati e avvocati predispongono dunque una risposta comune al tema dell’efficienza. Un passo, come spiega nel suo intervento introduttivo l’avvocato generale presso la Cassazione Riccardo Fuzio, «che richiede una svolta culturale». Il riferimento è in particolare alla seconda delle due sessioni in cui si è articolato il confronto, dedicata a proposte comuni “per la redazione degli atti nella prospettiva del giusto processo” e della sua “ragionevole durata”. Secondo Fuzio «le nuove tecnologie, il processo civile telematico, impongono uno sforzo sempre maggiore per un linguaggio chiaro, non involuto, un’argomentazione completa». Sta anche alle «scuole superiori», compresa quella dell’avvocatura aggiunge - creare le condizioni perché l’obiettivo si realizzi.

Ad approfondire la questione sono il procuratore generale di Roma Giovanni Salvi, i presidenti delle Corti d’appello di L’Aquila e Palermo, rispettivamente Fabrizia Francabandera e Matteo Frasca, e il presidente vicario di Milano Renato Bricchetti, insieme con i consiglieri Cnf Carlo Allorio e Stefano Savi.

Mascherin ricorda a inizio giornata che solo l’avvocatura può essere «elemento equilibratore della magistratura, perché non invasivo». Al di fuori del bilanciamento tra magistrati e avvocati, ricorda il presidente del Cnf, «c’è o un’autonomia delle toghe messa in dubbio dalla politica o poteri economici che riducono la giustizia a mercato». Quanto sia preziosa la reciproca legittimazione è detto a voce alta dai due togati del Csm che, rispettivamente, aprono e chiudono i lavori, Claudio Galoppi e Aldo Morgigni. Il primo, in particolare, riconosce che «non c’è soluzione ai problemi della giustizia al di fuori di una elaborazione costante e continua con l’avvocatura».

Nel pieno del confronto, raggiunge la Sala Aurora della sede del Cnf anche il capo del dipartimento Organizzazione giudiziaria di via Arenula, Gioacchino Natoli. che, meglio di chiunque altro, può verificare quanto lavoro prezioso, per lo stesso ministero, può venire da un’alleanza tra i due cardini del sistema giustizia.