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L'Italia non può aspettare, il reato di tortura deve essere approvato. Lo richiede a gran voce la storica associazione Antigone che si interessa della tutela dei diritti e delle garanzia del sistema penale, per questo ha promosso nella mattinata di oggi, a partire dalle ore 10, un sit-in in Piazza Montecitorio, per chiedere al presidente del Consiglio Matteo Renzi e al ministro della Giustizia Andrea Orlando, di farsi garanti dell'approvazione del reato di tortura. Antigone ricorda che in Italia non sono mancati i casi di tortura per i quali, le vittime, non hanno ricevuto giustizia. Oltre alla scuola Diaz, anche gli episodi di violenza avvenuti nella caserma di Bolzaneto durante il G8 di Genova del 2001 e le torture avvenute nel carcere di Asti nel 2004 sono attualmente all'attenzione della Cedu che, a breve, si pronuncerà su entrambi. Lo Stato italiano aveva proposto una composizione amichevole, patteggiano le torture per 45.000 a testa per ogni ricorrente, lasciando intendere quanta consapevolezza ci sia, anche da parte del governo, rispetto al fatto che quegli atti si possano qualificare come tortura. Torture per le quali, in Italia, esiste l'impunità.Eppure nel 1984 l'Italia firmò la Convenzione di New York con l'impegno di introdurre il reato di tortura nel nostro ordinamento. Solo che da allora ogni tentativo è miseramente fallito. Il divieto di tortura è contemplato non solo da numerose convenzioni generali sui diritti umani, ma anche da specifici trattati ai quali l'Italia ha aderito, come la Convenzione dell'Onu contro la tortura del 27 giugno 1987 e la Convenzione Europea per la Prevenzione della Tortura e della pene o trattamenti crudeli, inumani e degradanti del 26 novembre 1987. La Convenzione dell'Onu contro la tortura prevede all'art. 1, in combinato disposto con l'art. 4, l'obbligo per gli Stati di legiferare affinché qualsiasi atto di tortura (come pure il tentativo di praticare la tortura o qualunque complicità o partecipazione a tale atto) fosse espressamente e immediatamente contemplato come reato nel diritto penale interno, conformemente alla definizione prevista dall'art. 1 della su citata Convenzione, la quale identifica la tortura come: " Qualsiasi atto mediante il quale sono intenzionalmente inflitti ad una persona dolore o sofferenze forti, fisiche o mentali al fine di segnatamente ottenere da essa o da una terza persona informazioni o confessioni (?) qualora tale dolore o tali sofferenze siano inflitti da un funzionario pubblico o da qualsiasi altra persona che agisca a titolo ufficiale, o sotto sua istigazione, oppure con il suo consenso espresso o tacito. "Prendendo come esempio solo l'Europa, l'Italia è l'unico Paese senza il reato di tortura. I Paesi del vecchio continente che hanno inserito nel loro codice penale il reato di tortura sono: Austria, Belgio, Danimarca, Estonia, Francia, Germania, Islanda, Lettonia, Lussemburgo, Macedonia, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Regno Unito, Slovenia, Slovacchia, Spagna, Svezia, Svizzera, Turchia, Ungheria e, grazie all'attuale Papa, anche la Città del Vaticano.In realtà, da noi, si è provato più volte ad introdurre il reato di tortura, ma con esiti negativi. Il primo tentativo avvenne nel lontano 1989 tramite il senatore Nereo Battello dell'allora Partito Comunista Italiano, il quale propose un disegno di legge che prevedeva per il pubblico ufficiale che si macchiava del reato di tortura una pena compresa tra tre e sette anni di reclusione. Ma la proposta non venne approvata. Altro tentativo ci fu nel 1999 tramite Silvio Berlusconi, il quale presentò un'interpellanza alla Camera dove chiedeva al governo in carica a che punto fosse l'approvazione del reato di tortura, sottolineando quello che venne definito "un inqualificabile inadempimento" da parte dell'esecutivo allora in carica. Un altro tentativo d'introduzione del reato di tortura si ebbe il 28 agosto 2000 tramite Piero Fassino, l'allora ministro della Giustizia del governo Amato, il quale presentò di concerto con il ministro degli Affari Esteri Lamberto Dini un disegno di legge dal titolo: "Norme in materia di tortura e di altri trattamenti crudeli, disumani o degradanti". Ma il documento non venne più presentato. Dopo cinque anni la patata bollente del reato di tortura toccò proprio al governo Berlusconi. Mercoledì 26 maggio 2004 il ministro della Giustizia Gaetano Pecorella, Forza Italia, in commissione giustizia sulla discussione relativa all'articolo sul reato di tortura, fece riferimento all'approvazione da parte dell'Assemblea, il 22 aprile 2004, dell'emendamento Lussana (Lega Nord) che prevedeva come il reato di tortura si conclamasse a seguito di reiterate minacce. L'emendamento in questione bloccò una proposta che secondo le intenzioni di Pecorella avrebbe previsto una pena da uno a 15 anni alla persona ritenuta colpevole di aver inflitto torture fisiche e mentali ad un altro soggetto. Ma l'emendamento Lussana di fatto bloccò tutto. Passano due anni e il 12 Maggio del 2006, Alfredo Biondi di Forza Italia, presentò al Senato una proposta di legge che prevede l'istituzione del reato di tortura ai sensi dell'articolo 593-bis.La proposta venne affidata alla seconda commissione permanente giustizia presieduta da Cesare Salvi che arrivò alla calendarizzazione in aula nel 2008. Ma poi saltò tutto con la crisi del governo Prodi. E arriviamo a marzo del 2014 quando il senato aveva dato il via libera all'introduzione nel Codice Penale degli articoli 613 bis, che disciplina il delitto di tortura e l'articolo 613-ter, che incrimina il pubblico ufficiale che istiga altri alla commissione del fatto. Passa un anno e finalmente, nell'aprile del 2015, il reato di tortura venne approvato alla Camera all'indomani della condanna dell'Italia per le torture nella scuola Diaz da parte della Corte Europea per i Diritti dell'Uomo. Però il testo iniziale, presentato dal senatore del Pd Luigi Manconi, viene depotenziato. Fu lo stesso Manconi ad esprimersi, pur votando la legge, una forte delusione: "La mia critica non si limita ad alcune questioni, pur rilevanti, ma all'impianto ed all'ispirazione complessiva del disegno di legge a mio avviso depotenziato in misura rilevante nel suo significato, come la prospettiva e la finalità di questa normativa, a partire dalla formulazione che prevede la reiterazione degli atti di violenza, cioè il fatto che debbano essere ripetuti perché si dia la fattispecie della tortura". Visto che il testo fu modificato, venne spedito nuovamente al Senato per avere di nuovo l'approvazione. E' tuttora impantanato lì.