«Quando si parla di detenzione negli istituti penitenziari, occorre fissare un principio: il carcere non può essere un tempo vuoto. Per attuare il disposto dell’art.27 della Costituzione non c’è un unico antidoto: sono necessarie terapie articolate, avvalendosi di un gioco di squadra».  Sono le parole del vice ministro alla Giustizia Francesco Paolo Sisto intervenendo al Festival Giustizia penale, in svolgimento fino a domani tra Modena, Carpi, Sassuolo, Pavullo, che è intitolato “La Vita e la Morte nella Giustizia Penale”.

Il viceministro Sisto ha ricordato come l’inserimento lavorativo dei detenuti sia «un toccasana, statistiche alla mano, su cui noi stiamo investendo tantissimo. Si possono ricordare le tante convenzioni in essere con una serie di stakeholders che mettono a disposizione la propria organizzazione per favorire il lavoro penitenziario. Ad esempio, ho visitato il carcere di Santa Maria Capua Vetere: lì c’è un laboratorio di pasticceria, c’è una sartoria che confeziona camicie per la polizia penitenziaria e c’è una convenzione con una nota marca che confeziona cravatte. Si tratta di percorsi che possono aiutare ad evitare, attraverso il lavoro, il fenomeno drammatico della recidiva». Francesco Paolo Sisto ha insistito molto proprio sull’importanza del lavoro per il reinserimento: «Soltanto il 2% degli ex detenuti che lavorano rientra in carcere, contro il 68-69% di chi non lavora. La cultura dell’esecuzione penale diversa dal carcere è un altro di quei quadranti che bisogna certamente valorizzare, e anche la magistratura in questo caso deve fare la sua parte favorendo il ricorso alle pene alternative. Spesso vige l’equazione ’più carcere , più sicurezzà. Io sono convinto dell’esatto contrario, ovvero che la maggiore sicurezza sia garantita da una pena dosata sul singolo, che abbia come riferimento, insieme alla componente naturalmente retributiva, la rieducazione per consentire di vedere la luce in fondo al tunnel. L’idea “carcerocentrica” è profondamente sbagliata». 

«Con il tema scelto per la quinta edizione del 2024, “La Vita e la Morte nella Giustizia Penale”, – ha spiegato  il professor Luca Lupària Donati, Ordinario di Diritto processuale penale e Direttore scientifico Festival Giustizia penale – abbiamo deciso di andare al cuore del paradigma criminale, spaziando dall’inizio al fine vita, dai suicidi nelle carceri al trattamento che il sistema penale riserva ad aspetti centrali delle nostre esistenze; dagli “effetti collaterali” del processo penale sulla vita delle persone alla importanza che il “corpo morto” ricopre nelle attività di indagini; dalle riflessioni criminologiche sull’omicidio alle morti per violenza di genere. La giornata della domenica sarà invece, come sempre, dedicata ad un altro tema, in questo caso ai rapporti tra giustizia penale ed Europa. La nostra mission rimane sempre la stessa: favorire il dialogo tra cittadini e mondo della giustizia, attraverso linguaggi non paludati e l’impiego di forme comunicative che avvicinino a temi di non facile comprensione».

Tra i numerosi ospiti importanti giuristi, anche provenienti dall’estero, esponenti della magistratura e dell'avvocatura, oltre a politici, opinionisti, intellettuali e giornalisti che si rivolgeranno ai non addetti ai lavori. Ecco alcuni nomi: Giuliano Amato, Giulia Bongiorno, Padre Benanti, Vittorio Manes, Giuseppe Santalucia, Francesca Scopelliti, Rita Bernardini, Margherita Cassano, Roberto Formigoni, Enrico Costa, Chiara Lalli, Ricky Jackson (condannato a morte da innocente), Carlo Nordio, Andrea Orlando, Mauro Palma, Giovanni Salvi, Francesco Viganò, i nostri giornalisti Gennaro Grimolizzi e Valentina Stella.