«Lascia perplessi il fatto che un partito che sostiene il governo, come il M5S, voti compatto un testo in Consiglio dei Ministri per poi presentare, in Commissione, oltre 1000 emendamenti. Un dato è certo: è impossibile tornare al "fine processo mai"». Così a Radio24 il Sottosegretario alla Giustizia Francesco Paolo Sisto che poi, rispondendo a una domanda sulle dichiarazioni dei procuratori De Raho e Gratteri, ha osservato: «Rispetto alle critiche avanzate nel corso delle audizioni alla Camera, va innanzitutto rilevato che gli auditi vengono indicati dai partiti. Nulla di strano, dunque, che chi è stato chiamato ad esprimersi dal M5S propugni posizioni vicine alla matrice grillina, tanto più che le Procure risentiranno certamente del cambio di baricentro portato dalla riforma, che riporta il cittadino al centro del processo anziché laccusa. Mi chiedo, però, perché alcune resistenze debbano essere elevate a punto di riferimento per giudicare una riforma che è, invece, un grande passo avanti accolto positivamente anche dallUe». «Se la lettura delle norme viene stressata, in ogni misura sono ravvisabili patologie - ha proseguito -. Ma la riforma della prescrizione non comporterà alcuna impunità e certo non si può giustificare il fatto che cittadino debba rimanere per anni nella macchina infernale del processo perché la giustizia è inefficiente». Che cosa può essere modificato della riforma della giustizia penale? «Io credo poco, nel senso che limpianto non deve essere toccato. Se qualcuno pensa, surrettiziamente, di tornare al fine processo mai, ha fatto male i suoi conti. La politica discute, cerca accordi, ma poi bisogna decidere». Secondo il sottosegretario, «tutte le mediazioni, tutte le responsabilità vanno bene, ma se qualcuno pensa di ripristinare, con un artificio, un processo che non finisce, questo va contro lEuropa e ci impedirà di prendere i fondi del Pnrr, va detto con chiarezza: oggi la riforma della giustizia ha un valore economico». «Io trovo non voglio dire eccessivo, ma più che insidioso il metodo di approccio dei due pubblici ministeri alla riforma Cartabia. La riforma Cartabia ha riportato la Costituzione al centro del processo, il cittadino è protagonista del processo e non lo sono più le procure, questa è la verità. Da un punto di vista di metodo, la Costituzione è tornata prepotentemente al centro e le procure risentono di questo tipo di impostazione. I procuratori temono un cambiamento di baricentro, è evidente che tutti i timori, tutte le patologie sono possibili in qualsiasi norma».