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Mancava solo il via libero definitivo dal Senato, ma la proposta di legge per evitare i bimbi e bimbe dietro le sbarre a firma dell’ex deputato Paolo Siani del PD è stata stoppata. Questo perché Fratelli D’Italia, l’otto marzo scorso, in commissione giustizia ha chiesto delle modifiche al testo. Una in particolare, se passasse, in caso di recidiva si rischierebbe di separare i figli dalle madri detenute: di fatto neutralizzerebbe il sacrosanto principio della tutela e valorizzazione del rapporto tra le madri detenute e figli piccoli.
La proposta di legge, ricordiamo, fu presentata al Parlamento durante la scorsa legislatura, e approvata con 241 voti favorevoli e soltanto 7 contrari per non avere mai più bambini in carcere. Ma lo stop rischia nono solo di modificare in peggio la legge, ma anche di rimandare l’approvazione a data da destinarsi. Sull’argomento c’è un appello congiunto dell’ex deputato del Pd Paolo Siani e del Garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale della Regione Campania Samuele Ciambriello, per garantire l’interesse dei bambini e stimolare la politica ad approvare al Senato tale proposta di legge, non più procrastinabile. «Ci rivolgiamo a quei parlamentari – si legge nell’appello congiunto - che nella scorsa legislatura, con grande senso di responsabilità, votarono una legge a tutela dei diritti delle bambine e dei bambini, affinché senza essere snaturata la legge possa essere approvata in fretta così come è». Siani e Ciambriello proseguono sottolineando che è necessaria una legge che tuteli quei bambini innocenti che oggi sono rinchiusi in un carcere con le loro mamme. «Vogliamo tutelare quei bambini – affermano nell’appello - che sono costretti a vivere i primi anni della loro vita, quelli decisivi per il loro sviluppo psicofisico in un carcere». Infine osservano che la proposta di legge, piuttosto avanzata rispetto agli altri Paesi europei, offre uno strumento giuridico per dimostrare che il Parlamento vuole lottare per tutti gli innocenti, iniziando proprio dai bambini. «Vi chiediamo di non rendere vano un lavoro lungo e difficile, durato oltre due anni. e di dare una speranza a questi bambini», concludono Siani e il garante Ciambriello.
La questione è urgente, dal momento in cui, secondo gli ultimi dati del dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, crescono nuovamente i bambini dietro le sbarre. È cresciuto da 17 a 24 in Italia il numero di bambini, figli di detenute, presenti al seguito delle loro madri. La proposta di legge si prefigge l’obiettivo di vietare per sempre la custodia cautelare in carcere per detenute madri con prole di età inferiore ai 6 anni. Solo dove sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza il giudice potrà disporre la custodia cautelare in istituto a custodia attenuata per detenute madri ( Icam). Quindi solo come extrema ratio.
Saranno invece le case famiglia ad essere privilegiate con l’obbligo del ministero della giustizia di individuare le strutture adatte. Il comma 1 modifica l’articolo 275 del codice, sopprimendo al comma 4 la clausola che consente la carcerazione in ragione di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. Viene in tal modo attribuita natura assoluta al divieto di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere per donna incinta o madre di bambini di età non superiore a 6 anni con lei convivente ( ovvero padre, qualora la madre sia deceduta o assolutamente impossibilitata a dare assistenza alla prole). Secondo la giurisprudenza di legittimità, la ratio del divieto legislativo di applicazione della misura cautelare carceraria in presenza di minori di età inferiore ai sei anni, risiede nella necessità di salvaguardare la loro integrità psicofisica, dando prevalenza alle esigenze genitoriali ed educative su quelle cautelari ( entro i limiti precisati), garantendo così ai figli l’assistenza della madre, in un momento particolarmente significativo e qualificante della loro crescita e formazione. Contemporaneamente, il comma 2 dell’articolo 1 della proposta di legge Siani interviene sull’articolo 285- bis del codice di procedura penale, che disciplina la custodia cautelare negli Icam, che hanno caratteristiche strutturali diverse rispetto alle carceri tradizionali, pur restando strutture detentive.
Si stabilisce quindi che il giudice possa disporre tale misura cautelare nel caso in cui sussistano esigenze cautelari di eccezionale rilevanza. L’articolo 3 della proposta di legge, infine interviene sulla citata legge n. 62 del 2011. In particolare il comma 1 incide sulla disciplina dell&# 39; individuazione delle case famiglia protette, i cui requisiti sono stati definiti con decreto del ministro della Giustizia 8 marzo 2013, sostituendo il comma 2 dell’articolo 4 della legge del 2011 con due nuovi commi volti a prevedere: l’obbligo ( e non più la facoltà) per il ministro della Giustizia di stipulare con gli enti locali convenzioni volte a individuare le strutture idonee a essere utilizzate come case famiglia protette; rispetto al testo vigente viene meno altresì la clausola di invarianza finanziaria; l’obbligo per i comuni ove siano presenti case famiglie protette di adottare i necessari interventi per consentire il reinserimento sociale delle donne una volta espiata la pena detentiva, avvalendosi a tal fine dei propri servizi sociali.
Come detto, la proposta di modifica da parte di Fratelli D’Italia sulla recidiva non preserverebbe più il rapporto tra figli minori e i loro genitori in carcere. E va contro il principio della legge del 2011. Così come va in antitesi con la proposta di Legge Siani che è finalizzata a garantire il rapporto tra il bambino e la propria madre in un ambiente non detentivo. Tale ambiente non può che essere la casa famiglia, e purtroppo ne esistono soltanto due in Italia. Una a Roma e l’altra a Milano, grazie soprattutto agli enti privati. Questo perché è escluso qualsivoglia onere a carico del ministero della Giustizia. La proposta della legge Siani, invece, responsabilizza il ministero ad erogare risorse. Le case famiglia hanno la peculiarità di trovarsi in località dove è possibile l’accesso ai servizi territoriali, socio- sanitari ed ospedalieri, e possono fruire di una rete integrata a sostegno sia del minore sia dei genitori. Le strutture hanno caratteristiche tali da consentire agli ospiti una vita quotidiana ispirata a modelli comunitari, tenuto conto del prevalente interesse del minore.
L’Icam, l’istituto a custodia attenuata, non è adatto perché prevede restrizioni come un carcere vero e proprio. Non ha le sembianze di un penitenziario, ma è pur sempre una struttura detentiva con tutte le criticità che esso comporta. Il resto dei bambini è in carcere. Di fatto, è impensabile che un bambino libero debba mettere piede dentro un carcere e vivere lì accanto alla madre, in un luogo, che è sempre di detenzione, senza ricevere quei normali stimoli esterni, con il rischio di contrarre malattie.