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Eric Dupond-Moretti Francia
«Gli studi legali sono dei luoghi sacri, non può esistere difesa senza segreto professionale!», aveva tuonato lo scorso maggio il ministro Eric Dupond-Moretti in Assemblea nazionale mentre presentava la sua riforma del sistema giudiziario francese. Un progetto ambizioso al centro di ruvide polemiche con la magistratura, in particolare l’Union syndicale des magistrats (Usm), il più importante sindacato di categoria, che denuncia il presunto conflitto di interesse del guardasigilli in quanto avvocato penalista. «È in malafede e imparziale, sta lavorando per i suoi amici avvocati», insinuano dall’Usm, «difendo lo Stato di diritto contro dei metodi da spie», la secca replica di Dupond-Moretti. Tra veti incrociati e compromessi inevitabili la riforma subirà delle modifiche, ma intanto il ministro può segnare un punto in suo favore. L’Assemblea ha infatti approvato un emendamento che estende e rafforza il segreto professionale degli avvocati transalpini e va a modificare il codice di procedura penale, un voto unanime, dalla sinistra radicale di Jean Luc Mélenchon ai neogollisti, passando per i macroniani della République en marche tutti si sono espressi a favore. Il testo riposa su un principio semplice: l’indivisibilità del segreto professionale tra avvocato e cliente e la protezione del diritto di difesa. Niente più intercettazioni selvagge, niente più perquisizioni e sequestri negli studi legali, le conversazioni e la corrispondenza tra difensori e assistiti saranno protette da quella che ormai è diventata una consuetudine nelle inchieste giudiziarie francesi, in particolare per i sospettati di reati di corruzione e contro la pubblica amministrazione. Casi politico-giudiziari che attirano i pruriti giustizialisti dei media che spingono a furor di popolo le offensive delle procure. Esattamente come avviene in Italia. L’affaire des écoutes che coinvolge l’ex presidente Nicolas Sarkozy e il suo storico avvocato Thierry Herzog è in tal senso emblematico: i due sono stati condannati in primo grado a tre anni di reclusione per traffico di influenze e corruzione (Herzog è stato anche sospeso dall’esercizio della professione), sulla base di informazioni raccolte nel corso di intercettazioni illegali. È cioè da conversazioni private tra Sarko e lo stesso Herzog. Una violazione persino “scolastica del segreto professionale”, peraltro in un’inchiesta andata avanti per tre anni senza che i diretti interessati fossero a conoscenza di essere sotto la lente d’ingrandimento della procura parigina. Il provvedimento approvato dai parlamentari, ribadisce invece l’inviolabilità del segreto: «Non si tratta di proteggere gli avvocati ma i giustiziabili e il diritto alla difesa», aveva spiegato alla vigilia la deputata della République en marche Naïma Moutchou, tra gli estensori del progetto di riforma Dupond-Moretti. Se il Senato (non elettivo) confermerà il voto a metà settembre, sarà molto meno facile per i pm e la polizia giudiziaria intercettare conversazioni protette dal vincolo del segreto professionale, mentre verrà stabilito il diritto a chi subisce una perquisizione domiciliare a non consegnare documenti che riguardano la corrispondenza avvocato-cliente. Se per il momento la magistratura non commenta esplicitamente , rispettando per una volta il principio di non esprimere opinioni su delle leggi non ancora in vigore, non sono poche le voci di dissenso, specie tra i vertici delle authority e degli organismi di controllo della pubblica amministrazione. Tutte accomunate da lo stesso refrain: si vogliono indebolire le inchieste, in particolare quelle per corruzione e frodi fiscali: «Se il testo non verrà modificato sarà quasi impossibile acquisire documenti utili a dimostrare una frode, verrà penalizzata la lotta contro il riciclaggio e i reati fiscali, tutta la guerra contro la delinquenza finanziaria ne risentirà in modo grave», afferma Jérôme Fournel, Direttore generale delle finanze pubbliche (DGFiP), organismo di controllo associato al ministero dell’economia. Non poteva poi mancare la stoccata nei confronti degli avvocati: «In questo modo i loro studi saranno dei veri santuari al di fuori della legge». Virginie Beaumeunier, direttrice dell’authority per la concorrenza, il consumo e la repressione delle frodi (DGCCRF) si accoda a Fournel e lancia insinuazioni velenosissime sul ruolo paracriminale che potrebbero giocare gli studi legali: «Alle imprese basterà spedire dei documenti a un avvocato per impedire che vengano sequestrati. È un modo per incentivare le strategie di aggiramento delle norme anti-corruzione». Una levata di scudi cavalcata dai media (Le Monde in testa) ma che non fermerà l’approvazione definitiva di una legge che per una volta mette il freno agli abusi delle procure.