«Come si può parlare di reinserimento quando a noi, durante la detenzione, scade il permesso di soggiorno e, una volta usciti, finiamo nella clandestinità?». È una delle tante domande che i detenuti pongono ai giudici della Consulta nel film di Fabio Cavalli sul “Viaggio nelle carceri della Corte Costituzionale”.

Ed è un problema reale. La difficoltà di rinnovare il permesso di soggiorno durante il periodo di detenzione, è uno dei tanti ostacoli che si trovano di fronte i detenuti immigrati. Anche se le modifiche normative degli ultimi anni rendono più flessibile la legge (prima di un’espulsione si considerano diversi fattori) resta il fatto che uscito dal carcere il migrante può trovarsi privo di ogni tutela. Per questo motivo occorre, da una parte, consentire al cittadino straniero titolare di permesso di soggiorno di poter richiedere il rinnovo del suo documento proprio durante il trattenimento nell’istituto penitenziario, ma soprattutto bisogna metterlo nelle condizioni di venire a conoscenza dei propri diritti e doveri rispetto alle procedure amministrative relative alla propria condizione giuridica di migrante in Italia.

Il permesso di soggiorno, ricordiamo, è un documento che viene rilasciato, a seguito di un procedimento amministrativo, dalla Questura competente per territorio che valuta la sussistenza dei requisiti che consentono allo straniero la sua regolare permanenza sul suolo italiano. La durata della validità è variabile e dipende dalle ragioni per le quali è concesso (turismo, lavoro, studio etc) che, a loro volta, riprendono quelle indicate nel visto d’ingresso. I permessi di soggiorno hanno per lo più una durata predeterminata dalla legge che va dai tre mesi per motivi di turismo, ai due anni concessi per ragioni di lavoro. In alcuni casi, tuttavia, non è previsto un termine di durata massima, poiché questa dipende dalla permanenza delle peculiari circostanze in costanza delle quali il permesso stesso è stato concesso, si pensi per esempio alla durata delle cure sanitarie o alla eventuale cessazione delle condizioni per le quali è stato concesso l’asilo umanitario. Una volta concesso, il permesso è rinnovabile inoltrando la domanda alla Questura, entro i termini previsti dalla legge.

Ma cosa succede quando l’immigrato si ritrova in carcere? Se non gli è concesso il rinnovo durante la detenzione, questo, entrato in carcere regolare, ne uscirà da irregolare con il conseguente rischio di passare dalla detenzione penale (il carcere) a quella amministrativa (il centro di permanenza per il rimpatrio). Ma se riesce a non farsi scovare, rimane comunque un clandestino e si trova a non poter beneficiare di tutta una serie di possibilità che gli consenta il recupero: basti pensare che alcune strutture, quali comunità di recupero per tossicodipendenti, case d’accoglienza o addirittura Sert, non accettano detenuti extracomunitari privi del permesso di soggiorno.

In passato il rinnovo dentro il carcere era più facile, perché avveniva attraverso l’opera degli educatori e degli agenti dell’ufficio matricola del carcere: successivamente questa pratica è stata di fatto inibita, rendendo quindi tutto più difficile. Il detenuto deve affrontare tutto ciò da solo, soprattutto con il numero ridotto di mediatori culturali e altre figure importanti per garantire i diritti dei soggetti più vulnerabili.