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Il sostegno di Fratelli d’Italia a quattro dei sei referendum sulla giustizia promossi da Lega e radicali aggiunge una pedina importante nello scacchiere politico-giudiziario che coinvolge governo, Parlamento e partiti. La presidente di Fd’I, Giorgia Meloni, ha dato il proprio avallo ai quesiti su Csm, separazione delle carriere, responsabilità civile dei magistrati e voto degli avvocati nei Consigli giudiziari, mentre si è detta contraria a quelli su custodia cautelare e abrogazione della legge Severino, ritenuti «figli più della legittima cultura radicale che della destra nazionale».
In particolare, secondo Meloni «la proposta referendaria sulla carcerazione preventiva, al di là delle condivisibili motivazioni, impedirebbe di arrestare spacciatori e delinquenti comuni che vivono dei proventi dei loro crimini». Il sostegno a quattro dei sei quesiti dà in ogni caso una spinta importante alla campagna referendaria, che sarà dunque propagandata dalla destra con tanto di gazebo. «È necessario iniziare un processo di riforma radicale della magistratura dopo le inquietanti vicende del caso Palamara - ha aggiunto la presidente di Fd’I - Bisogna riformare la magistratura per scardinare il sistema delle correnti che ne ha fatalmente compromesso l’immagine». Di impulso alla campagna, a guardare i numeri del primo fine settimana di raccolta firme, in realtà non sembra esserci neppure troppo bisogno. In base ai dati diffusi dalla Lega sono stati centomila i cittadini che hanno scritto il proprio nome a sostegno dei referendum, una cifra che ha sorpreso positivamente lo stesso leader del Carroccio, Matteo Salvini. «C’è stata una risposta popolare incredibile - ha detto l’ex ministro dell’Interno - Da oggi ( ieri, ndr) è possibile firmare con calma e al fresco in tutti i comuni italiani, e quindi l’obiettivo del milione di firme sarà ampiamente superato, anche perché è un referendum non di partito ma di giustizia». Per dare il via all’iter referendario di firme ne basterebbero 500mila, ma il numero uno leghista alza l’asticella e punta all’intera posta in palio. «Per trent’anni la politica e il Parlamento hanno promesso riforme della giustizia e per trent’anni non è cambiato nulla - ha spiegato - Anche un giudice se sbaglia sulla pelle di un cittadino deve pagare come tutti gli altri lavoratori».
Di certo il boom della due giorni di raccolta firme ha messo vento in poppa sia del Partito radicale, per quanto riguarda la campagna referendaria, sia della Lega, che intestandosi da subito la battaglia potrà andare all’incasso in caso di successo. È anche per questo che Meloni ha deciso di cambiare rotta rispetto alla freddezza espressa solo pochi giorni fa dal responsabile giustizia di Fratelli d’Italia, Andrea Delmastro Delle Vedove, che aveva detto di non essere entusiasmato neppure dai quesiti sulla magistratura e di preferire a questi ultimi la strada degli emendamenti al ddl sul Csm. E può essere contenta anche Forza Italia, come ha sottolineato la capogruppo azzurra in Senato, Anna Maria Bernini: «Più di centomila firme per i referendum sulla giustizia in un solo fine settimane sono un risultato straordinario - ha scritto su twitter - una risposta popolare al populismo giudiziario».
Ma il successo di questo inizio di campagna potrebbe complicare le cose per le riforme in Parlamento, soprattutto riguardo al ddl penale e a quello sul Csm, rispetto ai quali altri partiti si sentiranno più sollecitati a piantare le loro bandierine. In particolare il Movimento 5 Stelle, che non mollerà facilmente sulla propria riforma della prescrizione, e anche il Pd, che delle riforme sulla giustizia ha fatto il proprio cavallo di battaglia al principio della neonata segreteria di Enrico Letta. E così ci ha pensato Francesco Paolo Sisto, sottosegretario alla Giustizia, a ribadire l’importanza del percorso riformatore: «Oggi non c’è nulla di più importante delle riforme: senza riforme non arrivano i fondi del Recovery. Per questo, dare a qualsiasi altro provvedimento, portato avanti a qualsivoglia titolo, anche il più nobile, una importanza prioritaria ed epocale, creando divisioni e rischi di compromissione della tenuta della maggioranza, è in questo momento sbagliato - ha detto Sisto - Il ministero della Giustizia è al lavoro per portare quanto prima in Aula il pacchetto delle riforme del civile e del penale in modo da dare al Paese un’ulteriore spinta alla crescita, con una forte connessione ai principi costituzionali».
Su questo è tornata a parlare anche la ministra della Giustizia Marta Cartabia, intervenuta a Catania nella seconda tappa delle sue visite nelle Corti d’Appello, dopo quella di Milano. «Come sapete stiamo lavorando a numerose riforme - ha detto la guardasigilli - quelle del rito civile sono già in Parlamento, quelle del processo penale arriveranno a giorni e subito dopo porteremo a termine anche quella dell’ordinamento giudiziario». Ma la ministra è sembrata anche dare una risposta alle obiezioni avanzate pochi giorni fa dall’avvocatura sul ddl civile. «Sono disposta a cambiare tutto e cercare di ottenere maggiori fondi, ma non possiamo difendere lo status quo - ha concluso - Dobbiamo modificare il nostro modo di lavorare, altrimenti l’obiettivo resterà un’utopia che scaricheremo sui giovani perché dovremo restituire i soldi all’Europa. Non voglio fare terrorismo, ma la responsabilità è davvero alta».