Si è tenuto martedì scorso a Milano, in vista del voto di domenica, un incontro dal titolo "Referendum, idee a confronto". Hanno partecipato il professor Guido Calvi, presidente del Comitato per il No, l'avv. Remo Danovi, presidente dell'Ordine degli avvocati di Milano, il professor Leonardo Salvemini, docente di diritto costituzionale e Fabio Roia, presidente della Sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano. Moderava il dibattito il nostro direttore Piero Sansonetti.A margine dell'incontro, abbiamo intervistato il presidente Roia, già componente del Consiglio superiore della magistratura e segretario generale di Unicost.Presidente, la magistratura italiana sul referendum di domenica non ha una posizione univoca. Alcune toghe sono apertamente schierate per il No, penso al procuratore di Torino Armando Spataro o al togato di Md al Csm Piergiorgio Morosini. Altre hanno un atteggiamento neutrale, come l'ex presidente dell'Anm Luca Palamara, altre sono apertamente per il Sì come l'aggiunto di Milano Riccardo Targetti. Qual è la sua idea?Questo referendum si è connotato politicamente. È diventato un voto pro o contro Matteo Renzi. La sostanza, cioè confermare o meno la riforma costituzionale approvata dal parlamento, è finita in secondo piano. È stato il premier a voler personalizzare questa votazione. Io, invece, vorrei rimanere al testo in discussione.Non le piace la riforma Boschi?Guardi, io esprimo un giudizio da cittadino e, soprattutto, da giurista. Le mie valutazioni sul punto sono alquanto negative.Che cosa non condivide della riforma?In primo luogo l'approccio. Si sta cercando di far passere il messaggio che piuttosto che questa riforma, anche se non è perfetta, è meglio di nulla. Renzi ha detto «chi dice no è come quel tale che vuole andare in autostop da Roma ad Aosta e rifiuta il passaggio di chi lo porterebbe a Torino perché lui o va ad Aosta o resta a Roma. Ma così ci teniamo tutto quello che c'è a Roma». Ecco, io sono fra quelli che vuole andare ad Aosta senza passare da Torino.Si spieghi meglio.La Costituzione è la legge fondamentale dello Stato. Sul rispetto della quale si svolge la convivenza civile degli italiani. I Padri costituenti lavorarono mesi ad un testo condiviso da tutti. Quindi, se adesso vogliamo modificarla, dobbiamo essere sicuri che le modifiche siano realmente efficaci. Non ci si può accontentare. Le faccio un esempio. Se lei dovesse comprare un costoso cappotto in cashmere lo acquisterebbe senza provarlo? La Costituzione è come quel cappotto. Io voglio essere certo che vada bene. Altrimenti avrò speso dei soldi per un qualcosa che non va.Molto chiaro.Sempre rimanendo in tema di abbigliamento, in molti dicono che tanto poi si può cambiare. Non è vero. Se vince il Si, come minimo ci teniamo questa riforma 30 anni. Ripeto, non è una felpa da pochi euro. Ma un costoso cappotto che una volta acquistato non è possibile disfarsene come se nulla fosse.Ma cosa non le piace della riforma costituzionale?Nel merito, la riforma, congiunta alla legge elettorale "Italicum", ci porterebbe di fatto verso un sistema quasi-presidenziale ricavato all'interno di istituzioni di tipo parlamentare: si tratta di un ibrido che ridurrebbe il controllo parlamentare sull'esecutivo. Non c'è inoltre nessun motivo per aspettarsi un effetto positivo della riforma né sul funzionamento della pubblica amministrazione né sull'economia del paese.E poi?Come dicevo prima, per quanto riguarda il metodo, la riforma non rappresenta né la sintesi di una pluralità di vedute né l'espressione di una aperta discussione parlamentare. È invece il frutto della disciplina di partito in un parlamento in cui la maggioranza è sovrarappresentata da una legge elettorale incostituzionale. Questo non è il metodo con cui cambiare la carta fondamentale del paese.Quindi voterà No?Credo che questa riforma aumentando il potere esecutivo a scapito del potere legislativo non faccia l'interesse dei cittadini.