C’è un aspetto della riforma intercettazioni che potrebbe mettere d’accordo Bonafede e Orlando: quello relativo alle prerogative del difensore. Si tratta anzi di una questione dal doppio risvolto.

Innanzitutto il divieto di intercettare i colloqui dell’avvocato con il proprio assistito, che il decreto Orlando rafforza ma in una misura ritenuta non soddisfacente dal Cnf.

Sull’altro versante c’è il nodo dell’accesso al materiale intercettato: i limiti posti alla polizia giudiziaria nella trascrizione dei brani, infatti, costringerebbero i difensori ad ascoltare anche centinaia di ore di conversazioni nelle salette predisposte dalle Procure. Un effetto collaterale ai confini dell’assurdo, tanto più se combinato con i tempi strettissimi lasciati ai legali per acquisire gli atti e chiedere eventualmente la trascrizione di conversazioni rimaste negli archivi ma presumibilmente utili alla difesa: appena 10 giorni prorogabili di altri 10.

Sono nodi che andranno sciolti in ogni caso, da qui al 31 dicembre, data in cui ( come ricordato in altro servizio, ndr), il decreto intercettazioni entrerà in vigore. Rispetto ai colloqui tra difensore e assistito, in un tavolo tecnico riunito a via Arenula nel giugno scorso il presidente del Cnf Andrea Mascherin ha ricordato come il provvedimento congelato dal 2017 preveda il divieto di trascriverli, ma che «in questi casi l’ascolto dovrebbe essere immediatamente interrotto dall’operatore e il materiale subito distrutto». Misura al momento non inserita nel testo ma indispensabile se si vuole impedire che, attraverso intercettazioni illegittime, gli inquirenti possano acquisire comunque elementi relativi alla strategia difensiva.

Gli equilibri fra efficacia dello strumento investigativo, tutela della privacy e diritto di difesa restano non facili da definire. Potrebbero essere favoriti dalle innovazioni tecnologiche che Bonafede aveva prefigurato anche rispetto alla tracciabilità degli accessi all’archivio riservato della Procura, in modo da restringere il campo dei “sospettabili” in quei casi in cui il materiale trascritto, pur escluso dagli atti di pm e gip, finisse comunque sui giornali.