Un nulla di fatto. Con avvocatura e magistratura contrarie, per ragioni diverse, al disegno di legge sulla riforma del processo penale, la cui realizzazione ora appare in salita. È questo l’esito del tavolo di giovedì a via Arenula sulla riforma, che vede confrontarsi sul testo depositato in Senato il ministro Alfonso Bonafede, Cnf, Ocf, Ucpi e Anm. Con le componenti dell’avvocatura fermamente convinte dell’irricevibilità del testo e la magistratura scontenta dei punti che prevedono sanzioni disciplinari e sorteggio per il Csm. Consiglio nazionale forense, Organismo congressuale forense e Unione delle Camere penali hanno espresso «ferma contrarietà» al disegno di legge di iniziativa governativa. «Il giudizio negativo alla struttura del processo, così come emerge dalla riforma, è stato espresso in maniera compatta dalle componenti istituzionali e associative dell’avvocatura presenti al tavolo ministeriale sulla riforma penale», si legge in una nota. Un giudizio negativo rafforzato dal mancato inserimento, nel testo della riforma, delle indicazioni condivise dall’avvocatura. Il testo, nelle intenzioni del ministro, dovrebbe portare ad una accelerazione dei processi, che dovrebbero durare massimo quattro o cinque anni. Una delle novità è quella delle sanzioni previste per i giudici che "rallenteranno" gli iter processuali, con la possibilità di subire procedimenti disciplinari. Per presentare appello, gli avvocati dovranno ricevere una specifico mandato da parte dell'imputato dopo la condanna. La scrematura dei tempi dibattimentali passerà anche dall'abolizione dell'obbligo di riascoltare i testimoni sentiti in primo grado. Inoltre nel caso in cui l'appello non venisse convocato entro due anni, la difesa potrà chiedere la fissazione immediata dell'udienza.

La riforma secondo Bonafede

  La norma prevede scadenze più strette per le indagini preliminari, con la possibilità di chiedere una sola proroga alle indagini, per un termine non superiore ai sei mesi. I tempi saranno di "sei mesi dalla data in cui il nome della persona alla quale il reato è attribuito è iscritto nel registro delle notizie di reato per i reati puniti con la sola pena pecuniaria o con la pena detentiva non superiore nel massimo a tre anni sola o congiunta alla pena pecuniaria; un anno e sei mesi dalla stessa data quando si procede per taluno dei delitti indicati nell'articolo 407, comma 2, del codice di procedura penale; un anno dalla stessa data in tutti gli altri casi". Ma è previsto anche un più ampio ricorso a riti alternativi, con l'aumento del limite di pena per il patteggiamento a otto anni di reclusione e l'esclusione dai riti speciali per reati come strage, omicidio, infanticidio. Per l'accesso all'abbreviato condizionato non si guarderà solo al principio di economia processuale, ma anche ai requisiti di rilevanza e novità dell'integrazione probatoria. La bozza prevede anche una scala di priorità nella formazione dei ruoli di udienza e nella trattazione dei processi, con precedenza assoluta per i processi relativi ai delitti colposi di comune pericolo.

L'Anm: no ai provvedimenti disciplinari

  Dal canto suo, l’Anm, tramite il presidente Luca Poniz, ha ribadito la propria «disponibilità» al confronto su riforme «non dettate dall’emergenza e dalla contingenza», ma «ineludibili per superare gli elementi di crisi e per accelerare il funzionamento della giurisdizione». sottolineando però che «riteniamo sempre assolutamente irricevibili alcune proposte, come quelle sulle sanzioni disciplinari» contenute nel ddl sul processo penale di cui «sarà nostra responsabilità seguire l’iter parlamentare». L’Anm, che a febbraio aveva deciso di disertare il tavolo ministeriale per protesta, giovedì ha deciso di prendere parte alla riunione in via Arenula per «capire se il disegno riformatore è cambiato» e ha assicurato che «seguirà l’iter parlamentare» dei provvedimenti, ha spiegato Poniz durante la riunione di ieri del parlamentino. «È ferma la nostra contrarietà al sorteggio per il Csm - ha spiegato il segretario generale dell’Anm Giuliano Caputo - oltre che alle sanzioni disciplinari e all’obbligo di discovery degli atti». «Siamo tornati dal ministro con lealtà e responsabilità, portando la nostra voce ferma e la nostra disponibilità al confronto» sulle riforme, ha quindi aggiunto Poniz. Ma è «irricevibile ogni riforma che muove da una idea di inefficienza della magistratura».