“RIESUMATO” IL VECCHIO RITO SOCIETARIO

Riportiamo di seguito un intervento che il dottor Pasquale Grasso ha diffuso sulle mailing list della magistratura.

Confesso di non riuscire a capacitarmi della pubblica indifferenza con cui nell’ambiente giudiziario viene accolta la riforma del processo civile. Dico pubblica in quanto, invece, in privato son tutti lì a stracciarsi le vesti, nella piena consapevolezza – tutti, giudici e avvocati – del fatto che questa riforma, riedizione imbellettata del disastroso rito societario di qualche anno fa, grado è inutile, rallentante, offensiva ed estranea allo spirito pratico che dovrebbe animare le riforme targate Pnrr.

Da qualche giorno c’è un nuovo ministro della Giustizia. Ed ecco l’automatica reazione pavloviana dell’ambiente giudiziario e della stampa: tutto incentrato sulle problematiche penali, con i soliti argomenti le solite posizioni e contrapposizioni. Posso capirlo. Il penale infiamma gli animi, incide su carriere anche politiche, sposta voti. Ma siamo sicuri che sia così? Ci si riempie la bocca di tutela dei diritti delle famiglie, delle imprese, dell’economia. Eppure, si continua a trascurare - salvo che per una pars destruens fine a se stessa, quando ci si lamenta dei tempi delle cause civili - quello che certamente sarebbe un volano per uno scatto e una svolta positiva del nostro Paese, questo sì in linea con il Pnrr! Una giustizia civile che funzioni. Io penso che la riforma Cartabia della giustizia civile possa rivelarsi una specie di polpetta avvelenata per il nuovo governo. Mi pare una riforma dichiaratamente fatta per raccattare comunque fosse i fondi del Pnrr, magari con il retropensiero di non doverla poi “governare”. Altrimenti non si spiega la follia, l'incongruenza di un ritorno a un passato, a un rito, il cui fallimento è già stato vissuto e certificato. Il rito societario, padre genetico del nuovo rito, quasi clone.

Chiunque abbia frequentato anche solo 5 minuti una aula di giustizia sa bene che qualsiasi mera riforma del rito civile ( ormai a ben vedere efficace) non potrà incidere in positivo sui tempi della giustizia civile, che andrebbe ripensata in termini di risorse e mentalità. Ma certamente un rito folle, vecchio, insulso può essere un freno enorme.

E tale sarà. Lo sappiamo tutti, in privato.

Sono rimasto favorevolmente colpito da alcuni passaggi dell’introduzione del Prof. Avv. Giorgio Costantino al recente convegno organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Milano per discutere della riforma: “La riforma è stata frettolosa. L’obiettivo perseguito dal legislatore è stato quello di acquisire i fondi del Pnrr... Il che non esclude che possano auspicarsi nuove e diverse riforme oppure, in considerazione del mutato contesto politico ed istituzionale, che possa auspicarsi una controriforma…”.

Eppure, anche in quella sede pare essere emersa la natura di noi civilisti… Siamo degli studiosi, poco avvezzi al confronto con le generali tematiche della Politica e dell’Economia, e ci “metteremo sotto” a cercare di far funzionare questo nuovo rito, volendo “dare un senso a quel che poi forse non ce l’ha”, per usare le parole di un noto cantautore.

Eppure, non me ne capacito e confido, spero e prego che la nuova compagine di governo voglia ascoltare quello che tutti i tecnici del civile, non il sottoscritto che poco sa, gli direbbero volendo parlare liberamente: un vero ufficio del giudice e non più ufficio del processo sarebbe un vero strumento per tempi rapidi e certi; via queste memorie preventive, l’apparenza del calendario del processo, comparizione personale solo se lo ritiene il giudice. Abbattiamo il finto progressismo processuale e recuperiamo 10 anni di efficienza con buon senso.

* Giudice civile, già presidente dell’Anm