È una sorpresa e segna la svolta sulla riforma del carcere: Matteo Renzi visita un penitenziario, non uno qualsiasi ma un istituto simbolo del reinserimento come il "Due Palazzi" di Padova. Ci arriva di prima mattina e fa «un gesto inedito per un premier», come twitta lui stesso. Lo compie insieme con il guardasigilli Andrea Orlando e lascia intendere che nella riforma penitenziaria ci crede. Al punto da ipotizzare uno stralcio della delega sulle nuove carceri dal disegno di legge in cui è "intrappolata", quello tormentatissimo sul processo penale. «O si chiude tutto il pacchetto, e allora lo stralcio sarebbe inutile, oppure si percorrono altre ipotesi», dice. Non esclude una "messa in sicurezza" delle norme sul sistema penitenziario, che definisce «provvedimenti giusti e doverosi». Ora sembrano diventati un suo obiettivo, oltre che di Orlando. Non a caso Renzi, dopo aver stretto le mani di «almeno 150 detenuti» ed essersi impegnato a «riferire a chi di dovere» sui casi più drammatici, ricorda i meriti acquisiti dal ministro della Giustizia in un campo che lui aveva finora guardato da lontano. «Siamo partiti con un rapporto tra posti e popolazione carceraria al 146%, oggi siamo al 105%. Ancora troppo, dobbiamo arrivare al 100%», dice il capo del governo, «ma si è fatto un buon lavoro, grazie al ministro Orlando e a tutte le strutture, per ridurre la pressione sui reclusi». Dopo due anni di impegni e risultati quasi a costo zero da parte di via Arenula, è plausibile che a questo punto arrivino anche le risorse. Quelle necessarie affinché la delega non si riduca a una scatola vuota ma segni davvero un cambio epocale, per esempio, sulle misure alternative.Renzi dunque fissa a Padova una strategia comune con il suo ministro di Giustizia: non esclude lo stralcio dell'articolo del ddl penale dedicato al carcere, certo, ma punta in prima istanza a salvare l'intera riforma, ora incagliata al Senato: «Mi piacerebbe mettere la parola fine, chiudere anche questa partita». Lo dichiara nello stesso giorno in cui l'Anm scioglie le proprie riserve sul disegno di legge. E oltre che con il guardasigilli, c'è un "incontro ravvicinato" davvero inconsueto con i radicali: Renzi fa quello che in genere fanno solo loro, passare un po' di tempo con i detenuti e incoraggiarli (seppure a modo suo, con frasi del tipo «ragazzi dovete uscirne»). E dei radicali ricorda il leader mentre è in viaggio verso il "Due Palazzi": «Un pensiero a Marco Pannella», scrive nel tweet. Rita Bernardini lo ascolta grazie a Radio Radicale, mentre a sua volta presenta con gli altri compagni la marcia per l'amnistia. «Marco non diventi una medaglietta», avverte. Ricorda al presidente del Consiglio che le statistiche sul sovraffollamento sono alterate «da 5000 posti in realtà non utilizzabili». Renzi d'altronde non fa nulla per nascondere la propria diversità dai pannelliani rispetto a temi come l'amnistia: «In proposito non ho le stesse idee di Marco o di Rita Bernardini, anzi», riconosce senza perifrasi. Però aggiunge che «bisogna partire anche dal rispetto della funzione educativa della pena». E soprattutto dal fatto che «quella delle carceri è una grande questione politica con la P maiuscola, lo è sempre di più». Tentenna solo sulla fiducia, dice che persino tra i padiglioni del "Due Palazzi" gli hanno chiesto di metterla, ma anche che preferisce vedere prima «cosa succede a livello parlamentare».In ogni caso cade un tabù. «Abbiamo manifestato l'attenzione del governo nei confronti di una realtà importante come il carcere», dice Orlando. Che assicura di lavorare per «anticipare all'interno del decreto sicurezza le nuove assunzioni di agenti penitenziari». Il ministro si è dato appuntamento con Renzi mentre era di ritorno dal Vietnam: da Hanoi è atterrato direttamente a Padova. Esce rafforzato nella sua battaglia per riformare giustizia e carcere. Non era scontato, ma ora il tema dei detenuti per Palazzo Chigi non è più un tabù, nonostante sia di quelli che in genere non si tirano fuori per acchiappare voti all'ultimo minuto.