È ancora ricoverata, ma non più in prognosi riservata, Paola Marioni, l’avvocatessa di 57 anni esperta di esecuzioni immobiliari che lo scorso 21 luglio era stata accoltellata nel suo studio nel centro di Milano. La donna aveva ricevuto diversi fendenti alla spalla, al torace e all’addome. Secondo quanto ricostruito dalla Squadra mobile, Marioni avrebbe avuto appuntamento nel suo studio con una persona, al momento non identificata, per discutere di problemi condominiali. La violenta aggressione ha suscitato lo sdegno di tutta l’avvocatura. Abbiamo chiesto al presidente dell’Ordine di Milano Remo Danovi un commento.

Presidente, quanto accaduto può essere considerato un campanello d’allarme del fatto che i clienti sfogano rabbia e frustrazione nei confronti degli avvocati?

In generale, considerati i grandi numeri dei rapporti che intercorrono tra avvocati e clienti, sia in ambito giudiziale che nella consulenza legale, non credo si possa parlare di emergenza o di campanelli d’allarme. Almeno lo spero. Certamente colpisce l’aleatorietà dei rischi a cui è esposta la nostra professione e la sproporzione dei comportamenti, delle reazioni ad eventi e conseguenze che non possono mai essere attribuite direttamente agli avvocati. A volte gli atti di violenza, specie in materia di famiglia o nelle crisi d’impresa, si verificano verso una controparte del processo, non verso il proprio avvocato o verso quello dell’avversario. Episodi anche gravissimi di questo tipo, in anni recenti, sono accaduti anche a Milano. Né dimentico ciò che avvenne a Palazzo di giustizia il 9 aprile 2015 in un processo per bancarotta: l’imputato uccise un magistrato, un avvocato e l’ex socio. Omicidi per i quali la condanna all’ergastolo è stata confermata in appello poche settimane fa. In ogni caso l’avvocato non era l’unica vittima designata.

Marioni era sola in studio, senza segretaria. Una condizione ormai molto comune: non pensa sia pericoloso quando si tratta di ricevere un cliente non conosciuto?

Intanto in questi giorni sono stato diverse volte a trovare la collega Marioni, alla quale ho rinnovato tutta la solidarietà personale, dell’Ordine e idealmente dell’avvocatura milanese. È stata curata ottimamente e, compatibilmente con le ferite subite e i tempi di convalescenza, l’ho trovata in forma: lucida, estroversa, positiva, con una grande voglia di ristabilirsi al più presto. Detto questo, forse sì: d’ora in poi bisognerà adottare cautele finora impensabili. Rischi di violenza, per fortuna non frequenti, erano sempre collegati alla difesa di imputati dei reati più gravi, magari di criminalità organizzata. Ed è lo stesso ambito dal quale provengono i maggiori rischi per la magistratura, soprattutto inquirente. Il rischio, insomma, si manifestava in un ambito circoscritto dell’indagine penale, e anche della difesa, quando un assistito malavitoso pretende o immagina che l’avvocato possa comportarsi come un suo ‘ dipendente’, conformarsi ai suoi interessi anziché ai suoi diritti, comportarsi come una ‘ coscienza a noleggio’, secondo un’espressione di Fedor Dostoevskij nel romanzo L’adolescente, dalla quale ho sempre messo in guardia i miei allievi. Ora invece, forse complice la crisi economica e anche morale, la perdita del lavoro, i tracolli finanziari, a volte le conseguenze di crisi familiari complesse sul piano economico e patrimoniale, può accadere che a scoprirsi indifeso sia un avvocato civilista. Ma mi auguro che resti un’eccezione.

Gli avvocati che curano le procedure esecutive sono a contatto ogni giorno con la disperazione di chi ha perso tutto. Cosa si può fare per garantirne lo svolgimento in sicurezza?

Non è certo semplice indicare una soluzione. Da molto tempo sostengo che gli avvocati devono sempre più avere come obiettivo la prevenzione e la conciliazione delle liti, attraverso i vari istituti messi a disposizione dall’ordinamento: dalla mediazione alla negoziazione assistita o alla composizione delle crisi da sovraindebitamento. I tempi della giurisdizione ordinaria, anche se in leggera riduzione, sono sempre troppo lunghi e la loro durata è indipendente dal valore della causa. Spesso non vi è proporzione fra l’oggetto della controversia e i tempi del giudizio. Lo stress, la rabbia covata a lungo, possono determinare comportamenti del tutto imprevedibili, sproporzionati, veri e propri atti di follia. La conciliazione, la composizione delle crisi, utilizzate in modo appropriato dagli avvocati, sono strumenti anche di pacificazione sociale e di riduzione del danno nelle crisi familiari.

Ultima domanda. Qual è, secondo lei, lo stato della professione forense?

Non solo le violenze di cui abbiamo parlato insidiano il riconoscimento del valore e dell’autonomia dell’avvocatura. Anche perquisizioni ( di due avvocati che avevano suggerito al cliente di avvalersi della facoltà di non rispondere, ndr) come quella di Udine, prontamente denunciata dal Cnf e resa pubblica proprio da Il Dubbio, rappresentano episodi molto negativi, al di là ovviamente della incommensurabile differenza sul piano della gravità. Anche l’Ordine degli avvocati di Milano ha immediatamente espresso la propria solidarietà, e certo conforta sapere che il controllo abbia tempestivamente funzionato nello stesso ambito giudiziario, con l’annullamento dell’atto di perqui-IL sizione negli studi legali.