Lei è una carabiniera pugliese di 32 anni, che nel 2014 ha firmato per la ferma volontaria ma che poi vorrebbe rimanere nell'Arma. Viene assegnata ad una caserma in provincia di Lucca e qui conosce e inizia una relazione con un brigadiere, sposato e con figli. Poichè la donna trascorre notti fuori dalla caserma, viene sanzionata con due giorni di consegna e il 27 maggio 2019 il comando generale dei Carabinieri le notifica la collocazione in congedo, «per non ammissione in servizio permanente con decorrenza 3 dicembre 2018. Il periodo trascorso in servizio oltre la scadenza della ferma volontaria è considerato come servizio prestato in ferma volontaria». Nella motivazione, come riporta il Corriere della Sera, la carabiniera avrebbe «carenze comportamentali e scarsa consapevolezza del proprio stato, scadente affidabilità sul piano attitudinale, rendimento in servizio progressivamente in flessione nel tempo e non soddisfacente nell’ultimo periodo, minor senso della disciplina militare, palesando pertanto il non possesso con costanza (...) del requisito della meritevolezza per carenti qualità morali, buona condotta, attitudini e rendimento prescritto dalla normativa di riferimento per poter continuare a permanere in servizio nell’arma dei carabinieri». Per "qualità morali", il riferimento è alla sanzione disciplinare subita per aver dormito fuori dalla caserma (cosa permessa, dopo aver avvisato il comandante) e la motivazione è: «Sebbene nubile e assegnataria di posto letto, pernottava regolarmente all’esterno della caserma e intratteneva contestualmente relazione sentimentale con altro militare dell’arma coniugato, cagionando disagio al servizio istituzionale». A differenza della donna - che ha perso il lavoro e ha dovuto mantenersi con altri lavori - il brigadiere sposato non ha ricevuto invece alcuna sanzione disciplinare per aver intrattenuto una relazione extraconiugale, che evidentemente nel suo caso non avrebbe dimostrato mancanze nel contegno militare. L'avvocata della carabiniera ha presentato un ricorso al Tar di Firenze, che ha annullato il provvedimento di non ammissione al servizio permanente e condannato l’Arma a pagare le spese processuali di tremila euro. Per il Tar, «Pur tralasciando come sia rimasta incontestata la circostanza relativa al fatto che solo ed esclusivamente la ricorrente sia risultata destinataria della sanzione disciplinare (e non quindi il commilitone), è dirimente constatare che l’erogazione di una consegna per due giorni deve ritenersi di per sé insufficiente a fondare un giudizio di non meritevolezza». La legale ha già chiesto l’esecuzione della sentenza e il reintegro della sua assistita.