A differenza degli uomini dello stesso carcere, le donne recluse vivono in cinque dentro delle celle con spazi ridotti. Colpisce, sempre relativamente alle detenute, un alto numero di infortuni accidentali e gesti di autolesionismo. Non solo, la sezione dell’articolazione psichiatrica è un vero e proprio disastro nonostante sia stata chiusa, in seguito riaperta, per lo stesso motivo. Questo e altro ancora è emerso dalla visita del Garante nazionale delle persone private della libertà presso il carcere “Giuseppe Panzera” di Reggio Calabria.

La visita ha avuto lo scopo di verificare l'implementazione di raccomandazioni precedenti e dimostrare vicinanza al personale dell'Istituto, che ha affrontato recentemente alcune vicende giudiziarie coinvolgenti anche membri apicali della struttura. Nella sezione femminile del carcere di Reggio Calabria, si sono riscontrate alcune problematiche legate alle condizioni di detenzione. A differenza delle celle destinate agli uomini, quelle per le donne sono affollate e spesso ospitano un numero eccessivo di persone rispetto alla loro capienza. Alcune stanze multiple sono state registrate con quattro o addirittura cinque persone, superando le dimensioni ridotte dello spazio. Nella cella n. 13, con una capienza di quattro posti, sono presenti sette persone. Secondo l'applicativo del Dipartimento dell'Amministrazione penitenziaria, l'affollamento in queste stanze supera il 160%, mentre nelle sezioni maschili il massimo è del 124,62%.

LA CONDIZIONE FEMMINILE

Durante l'analisi dei registri, è emerso un alto numero di donne detenute vittime di infortuni accidentali. Nonostante la popolazione femminile sia inferiore a 30 persone, sono stati registrati 9 casi nel primo trimestre del 2023. Il Garante nazionale ha riscontrato anche un elevato numero di gesti di autolesionismo; un caso particolare riguarda una detenuta in attesa di essere inserita in una Residenza per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza ( Rems).

Secondo la psichiatra, questa donna non ha mai manifestato comportamenti auto o etero aggressivi in precedenza, ma li ha sviluppati durante la detenzione, portando a diversi tentativi di suicidio. Attualmente, la detenuta è seguita da uno staff multidisciplinare e sottoposta a un Trattamento Sanitario Obbligatorio (Tso). Tuttavia, la sua mancata assegnazione a una Rems e il suo permanere in un istituto penitenziario senza titolo detentivo rappresentano una mancata presa in carico sanitaria, necessaria per le sue condizioni di salute.

Per quanto riguarda le attività trattamentali, l'offerta risulta limitata, coinvolgendo soltanto nove donne detenute. La palestra, attrezzata al primo piano, è frequentata solo da tre detenute e, al momento della visita del Garante, risultava priva di luce a causa delle lampadine fulminate. Tuttavia, nella sezione femminile dell'Istituto è presente una sartoria coordinata da un maestro d'arte esterno, che produce camici, pantaloni e lenzuola. Inoltre, una donna svolge lavori su commissione sia interne che esterne. Queste iniziative offrono alle detenute opportunità occupazionali e creative.

In un evento precedente alla visita del Garante, è stata organizzata un'iniziativa dedicata alle donne detenute, incentrata sulla cura di sé e finalizzata a favorire un rapporto positivo con il proprio corpo. Questa iniziativa è stata gestita da un'associazione che solitamente si occupa di soggetti con disabilità fisica, insieme a un'associazione specializzata nel supporto alle donne con patologie oncologiche e con esperti nel trucco oncologico. Durante l'evento, è stato offerto alle detenute un'esperienza di trucco esteriore, che ha permesso loro di esplorare anche le proprie emozioni in un contesto psicologico. L'iniziativa è durata cinque giorni ed è stata partecipata da tutte le donne della sezione.

A seguito di questa iniziativa, il Garante comunale ha coinvolto diverse istituzioni e autorità locali nella stipula di un Protocollo interistituzionale volto a potenziare le attività rivolte alle donne detenute, adottando anche i principi delle Regole di Bangkok. Le Regole di Bangkok sono una serie di norme adottate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite nel 2010 per il trattamento delle donne detenute e le misure non custodiali per le donne autrici di reato.

Nonostante gli sforzi compiuti dall'associazione e dalle istituzioni locali, il Garante Nazionale esprime preoccupazione per le condizioni di sovraffollamento delle stanze destinate alle donne detenute. Questa situazione potrebbe essere considerata discriminatoria nei confronti del ridotto numero di donne presenti nell'Istituto, violando i principi di non discriminazione sanciti sia a livello nazionale che sovranazionale.

IL DRAMMA DELLA SEZIONE PSICHIATRICA

Un altro grande problema riguarda l'Articolazione per la tutela della salute mentale (Atsm) all'interno dell'istituto penitenziario. Secondo le osservazioni del Garante, la sezione, originariamente concepita come reparto per l'osservazione psichiatrica, ha ospitato persone per periodi ben superiori ai trenta giorni previsti dalla normativa. In particolare, è stato rilevato un caso in cui una persona è rimasta nel reparto per quasi sette mesi senza ricevere alcuna adeguata presa in carico, causando un peggioramento delle sue condizioni di salute. La mancanza di attività trattamentali per i pazienti, unita alla pratica di trascorrere l'intera giornata in cella, ha peggiorato le condizioni di salute delle persone coinvolte. Inoltre, la persistenza di lunghi periodi di permanenza di individui problematici in un'area non idonea e senza la possibilità di usufruire di un'ora d'aria ha messo a rischio anche il personale di Polizia penitenziaria, esponendolo a situazioni di pericolo e aggressione da parte dei pazienti ristretti.

Oltre alle problematiche legate alle condizioni di salute e alla sicurezza, il Garante Nazionale evidenzia anche gravi carenze strutturali dell'Articolazione. L'accesso al reparto è compromesso a causa di una scala stretta, trascurata e pericolosa, che durante la visita si è addirittura rotta. Le camere destinate ai pazienti presentano condizioni inadeguate, e la grata di separazione che divide il personale di Polizia penitenziaria dalle camere non garantisce la sicurezza necessaria. La ristrutturazione del reparto, affidata a una ditta esterna senza esperienza specifica, ha comportato lavori non a norma, con piastrelle con spigoli taglienti, finestre dotate di maniglie non conformi alle norme, videocamere non sicure e vetri antisfondamento fragili. Questa situazione non rispetta i criteri di sicurezza richiesti per ambienti dedicati a pazienti psichiatrici, come avviene negli Spdc o nelle Rems. Il mancato rispetto della riservatezza dei pazienti è un'altra problematica evidenziata nel documento.

Il sistema di videosorveglianza installato nella stanza degli agenti riprende non solo le stanze, ma anche i bagni e i servizi igienici, violando così il diritto alla riservatezza delle persone. A ciò si aggiunge la carenza di Articolazioni attive all'interno degli Istituti penitenziari in Calabria. Nonostante la presenza di numerosi istituti con una capienza di oltre 3.000 posti, i posti disponibili per pazienti con disagio psichico sono estremamente limitati, solo 17 in totale. Questo evidenzia una grave lacuna nel sistema penitenziario della Calabria, che non dispone delle adeguate risorse e strutture per affrontare in modo adeguato le problematiche di salute mentale dei detenuti. La mancanza di Articolazioni adeguate e la scarsità di posti disponibili per pazienti con disagio psichico contribuiscono a creare un ambiente detentivo non idoneo e non rispettoso dei diritti fondamentali delle persone.