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Ancora un suicidio in carcere: un detenuto di 54 anni si è tolto la vita nel carcere di Rebibbia a Roma. A darne notizia è il segretario generale della Uilpa Polizia penitenziaria, Gennarino De Fazio.
L'uomo, 54enne romano, “lavorava presso la cucina del carcere fino a qualche mese fa. Questa mattina - spiega De Fazio - è stato ritrovato impiccato nella sua cella singola al primo piano del reparto G-12 della casa circondariale di Roma Rebibbia. È il 41esimo detenuto che si toglie la vita dall’inizio dell’anno (più uno ammesso al lavoro all’esterno e un altro in una Rems), cui bisogna aggiungere ben tre operatori per un totale di 44 morti di carcere e per carcere. Un sistema detentivo, quello italiano, che infligge la pena di morte di fatto e che colpisce indiscriminatamente ristretti e operatori. I primi indipendentemente dal reato eventualmente commesso, i secondi per la sola ‘colpa’ di essere al servizio dello Stato”.
De Fazio ricorda che a Rebibbia "sono stipati 1.565 detenuti a fronte di una capienza per 1.068 con un sovraffollamento di oltre il 143%. Per di più, il peso detentivo, compreso il surplus, è gestito da soli 650 agenti di Polizia penitenziaria (spesso solo sulla carta) a fronte di un fabbisogno di almeno 1.137 (quantificazione del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria). Con la conseguenza che i carichi di lavoro risultano esorbitanti e non completamenti espletabili e le turnazioni non hanno di fatto un limite, con la restrizione di diritti anche di rango costituzionale. Più che i palliativi balneari il Guardasigilli e l’intero esecutivo dovrebbero varare misure immediate per deflazionare concretamente la densità detentiva e potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, con gli agenti sempre più sguarniti nelle carceri fino a subire il caporalato di stato con turnazioni che si protraggono sino a 26 ore ininterrotte, ben differentemente dalle narrazioni governative”.
L’ultimo suicidio si era registrato a Frosinone, dove un detenuto di 30 anni è morto in carcere dopo aver provato a togliersi la vita in cella. Ad aggiornare costantemente il bilancio di questa strage silenziosa è il dossier di Ristretti Orizzonti, che conta 43 suicidi dall’inizio dell’anno. «Siamo davanti a una vera e propria strage silenziosa che si consuma dentro le mura delle nostre carceri. Uno Stato civile non può tollerare che la detenzione si traduca, di fatto, in una condanna a morte», dichiara in una nota la deputata del Partito democratico Michela Di Biase, componente della commissione Giustizia.
«Il carcere di Rebibbia ospita oggi più di 1.560 detenuti, a fronte di una capienza di poco superiore ai mille. Il sovraffollamento è a livelli intollerabili, le condizioni igienico-sanitarie e psicologiche sono critiche, e chi lavora in questi istituti è lasciato solo», spiega. «Di fronte a questa emergenza, il governo tace o, peggio, minimizza. Le dichiarazioni del ministro della Giustizia, Carlo Nordio, sono inadeguate e offensive verso una realtà che grida vendetta. Le carceri italiane sono allo stremo e chi ha la responsabilità politica della giustizia non può continuare a voltarsi dall'altra parte», conclude Di Biase.