Si è tenuto ieri presso l'Aula magna della Corte di Cassazione l'incontro dal titolo Fattore "tempo" e diritti fondamentali. Cassazione e Corte Edu a confronto. Organizzato dall'Ufficio dei referenti per la formazione decentrata, è stato coordinato dal padrone di casa, il primo presidente Giovanni Canzio, e ha visto la partecipazione del vicepresidente del Csm Giovanni Legnini. Ospite d'onore Guido Raimondi, presidente della Corte europea dei diritti dell'uomo. Raimondi, commentando il lavoro della Corte di Strasburgo, ha stigmatizzato l'aumento esponenziale dei ricorsi. Segno evidente che qualcosa nei rimedi normalmente esperiti negli Stati non funziona.In Italia non è stato ancora introdotto il reato di tortura.Naturalmente è una questione di grande importanza. C'è una sentenza della Corte piuttosto nota, la sentenza Cestaro contro Italia, che riguarda i fatti della Diaz, avvenuti durante il G8 di Genova: la Corte ha rilevato che vi si registrarono diversi episodi di tortura. In questi casi si richiede una risposta adeguata, anche dal punto di vista della punizione dei responsabili, e la Corte ha verificato che l'ordinamento italiano è carente. Non ha proprio detto che secondo la Convenzione c'è un obbligo di introdurre il reato di tortura, questo casomai è un obbligo che viene da altri strumenti internazionali, però ha sentenziato che così com'è l'ordinamento italiano è insufficiente.Ma a suo giudizio sarebbe giusto introdurre questo tipo di reato?Io non devo entrare nell'arena politica, ma mi sembra evidente che questo possibile sviluppo sarebbe estremamente positivo.La Corte, invece, si è espressa sull'ergastolo ostativo e sul 41bis?Sul 41bis la Corte è stata chiamata a pronunciarsi diverse volte. Fino ad oggi non ha trovato una violazione della Convenzione, quindi per il momento l'Italia non è stata trovata in violazione a causa di questo regime speciale. Per quanto riguarda l'ergastolo ostativo la Corte non si è ancora pronunciata; ci sono dei ricorsi ma che non sono stati ancora esaminati.Sono passati oltre 3 anni dalla sentenza Torreggiani. Il ministro Andrea Orlando sostiene che negli ultimi due anni la situazione carceraria sia migliorata.La sentenza Torreggiani è una sentenza pilota, non ha risolto solo il singolo caso ma è servita per moltissimi altri. Nel momento in cui la Torreggiani è stata emessa erano circa 3000 i casi pendenti contro il nostro Paese riguardanti il sovraffollamento carcerario: al momento questa si deve considerare una storia di successo perché le misure adottate dal Governo e dal Parlamento italiano sono state ritenute adeguate dalla Corte, che ha infatti rimandato questi 3000 ricorsi in Italia, che si è dotata di strumenti propri, preventivi e indennitari, per far fronte al problema. Se questi rimedi non dovessero funzionare adeguatamente, se ne ritornerà a parlare a Strasburgo.Il Partito radicale, in concomitanza con il Giubileo dei carcerati, ha organizzato la marcia per l'amnistia a Roma.Concedere o meno l'amnistia è un giudizio che spetta prettamente alla politica. Certamente da cittadino italiano vorrei vedere una maggiore attenzione sul pianeta carcere per non correre il rischio di negare la dignità ai detenuti, che sono comunque persone che soffrono, nonostante il male che possono aver provocato.Il nostro Paese ha ancora molte sentenze della Cedu non eseguite. Secondo lei questo non denota un atteggiamento da Stato indifferente alle pronunce delle Corti internazionali?Il contenzioso italiano è purtroppo molto consistente, i numeri sono diversi rispetto a quelli di altri Paesi con i quali noi amiamo paragonarci, Germania, Gran Bretagna, Francia. Tuttavia questi numeri molto alti riflettono in gran parte un problema molto particolare che è quello del difettoso funzionamento della nostra macchina giudiziaria: l'eccessiva lentezza del processo. L'Italia si è anche munita di un meccanismo suo, la famosa legge Pinto, ma molto spesso le giurisdizioni decidono, concedono una indennità al ricorrente e poi questa indennità non viene pagata. Questo perché c'è una obiettiva difficoltà per le casse dello Stato di far fronte a questo. Il problema esiste e si ripercuote a Strasburgo.Il numero dei ricorsi non scende, giusto?La Corte è in grande difficoltà: attualmente abbiamo 76mila ricorsi pendenti, molti di meno di quelli che avevamo 4 anni fa, che erano circa 160mila. Siamo riusciti a migliorare notevolmente la situazione. Ma il contenzioso rimane di proporzioni difficilmente gestibili e quindi non è raro il caso in cui le nostre sentenze arrivano con un ritardo che io non esito a definire inaccettabile.A un cittadino fa paura entrare nella macchina giudiziaria, non sapendo come e quando potrà uscirne. Questa è una consapevolezza anche del Governo italiano che mi pare di capire prenda oggi sul serio questo problema, che non è solo di coesione sociale perché rende difficile l'accesso alla giustizia, ma scoraggia anche gli investimenti. Spero che vi si metta mano in modo efficace.