Antonio Ingroia, ex procuratore aggiunto di Palermo e ora avvocato, riavrà la scorta di protezione. Solo il quarto livello, il più basso fra quelli previsti, un’auto non blindata con un autista, ma comunque una scorta. Lo ha deciso questa settimana il Tar del Lazio al termine di un lungo ping- pong giudiziario iniziato a maggio 2018, quando l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti decise di revocare le misure di protezione all’ex magistrato che, prima di tentare senza successo la carriera politica, aveva aperto il processo “trattativa”.

Nella motivazione i giudici hanno riconosciuto “la perdurante esposizione al rischio di chi ha ricoperto un ruolo in prima linea nella lotta alla mafia” prima come pm per 25 anni in magistratura e oggi come avvocato da circa 10 anni, occupandosi in entrambi i ruoli di inchieste antimafia. “Giustizia è fatta – ha commentato Ingroia -. È il riconoscimento del lavoro che ho svolto e svolgo, da più di 30 anni ormai, contro i poteri criminali di ogni tipo, così come dei rischi che ho corso e corro tuttora”.

In particolare, i giudici hanno messo in evidenza lo scontro avvenuto recentemente fra Ingroia e il boss mafioso Giuseppe Graviano nell’aula bunker di Reggio Calabria durante il processo in Corte d’assise, dove Ingroia è difensore di parte civile dei familiari dei carabinieri Antonino Fava e Vincenzo Garofalo, uccisi dalla mafia. Graviano per quel duplice omicidio è stato condannato all’ergastolo.

Inoltre in questi mesi Ingroia aveva subito alcuni strani furti di documenti e incendi dolosi. La sua famiglia era stata anche minacciata. I giudici amministrativi si erano espressi in maniera altalenante sul ripristino della scorta a Ingroia. Inizialmente il Tar aveva avvalorato il provvedimento di Minniti, poi confermato da Matteo Salvini una volta insediatosi al Viminale. La decisione del Tar era stata ribaltata a maggio del 2019 dal Consiglio di Stato, che aveva ordinato il ripristino della scorsa. Il ministero in questi mesi, però, non aveva mai dato seguito alla sentenza del Consiglio di Stato, e Ingroia era tornato di nuovo davanti al Tar. Adesso bisognerà capire se il ministro Luciana Lamorgese avrà intenzione di presentare appello al Consiglio di Stato, per ottenere la conferma delle decisioni dei predecessori al Viminale, o se il balletto amministrativo terminerà qui.