Un ufficio inquirente che più di un magistrato definisce «una Repubblica a parte». La Procura di Napoli da domani è ufficialmente a concorso. L’attuale capo Giovanni Colangelo si congeda, lascia la toga per raggiunto limite di età. Si apre dunque una delle competizioni più difficili tra quelle che Il Csm è stato chiamato a definire in questi anni. Hanno presentato domanda 8 candidati, tra loro l’attuale il capo di gabinetto del ministro della Giustizia Giovanni Melillo e il procuratore di Reggio Calabria Federico Cafiero de Raho. Anche a Palazzo dei Marescialli c’è chi pronostica che la scelta possa ridursi a un ballottaggio tra i due. Ma ora che il lavoro della quinta commissione sta per iniziare, emergono anche altri aspetti, finora sottovalutati, che mettono in luce il potenziale di altri pm in lizza per succedere a Colangelo. Tra loro, l’attuale procuratore aggiunto di Palermo Dino Petralia, l’inquirente dalle cui mani passa di fatto tutta la materia intercettazioni nell’ufficio siciliano. E non solo. Petralia è stato presidente della commissione del Csm per l’Organizzazione giudiziaria, la settima. Questo aspetto, tra gli altri, potrà avere un suo peso quando il Consiglio superiore dovrà scegliere i “finalisti” per l’incarico.

Ufficio decisivo sia per il primato in termini di organico che per la lotta alla criminalità, Napoli sarà anche un test rispetto alla priorità da dare alle capacità organizzative indicata in questi ultimi due anni sia dal ministro della Giustizia Andrea Orlando che dallo stesso Csm. Il primo punto d’altronde è anche sostanza del secondo: la Procura partenopea ha in organico qualcosa come 107 magistrati. Un numero impressionante, che supera persino l’imponente struttura della Procura di Roma, “ferma” a quota 100, e soprattutto quella di Milano, che segue staccata con 86 pm in servizio. Evidente che per governare un ufficio così ampio servano innanzitutto quelle “qualità manageriali” spesso invocate dal guardasigilli, e considerate sempre più l’unica vera risposta per arginare il fenomeno delle prescrizioni.

Qui entrano in gioco i profili dei candidati. Diversi degli 8 nomi in corsa vantano un’esperienza nell’ufficio partenopeo: è il caso sia di Melillo che di Cafiero de Raho. Il primo vi ha coordinato il pool anticamorra, fino a tre anni fa, quando ha assunto l’incarico a via Arenula. In passato nella stessa Procura era stato alla guida della sezione che si occupa dei reati predatori. Anche l’attuale procuratore di Reggio Calabria ha un passato da aggiunto a Napoli: è stato lui a coordinare le indagini che hanno poi portato al processo Spartacus, colpo decisivo alle famiglie casalesi. Di fatto, a fare la differenza tra i due sarà proprio il valore che il Csm deciderà di assegnare al lavoro condotto da Melillo come capo di gabinetto del guardasigilli. Più che nel merito dell’opera svolta - che peraltro terminerà nelle prossime ore, visto che il magistrato ha presentato le dimissioni, e che comunque è considerata in assoluto molto positiva -, sul piano del metodo: l’organo di autogoverno dovrà decidere se le capacità organizzative messe alla prova anche al ministero della Giustizia rappresentino un viatico per dirigere una grande Procura. In questo momento Cafiero de Raho è in una trincea meno affollata di quella napoletana ma comunque strategica. Tra i gruppi della magistratura comincia però a farsi strada l’idea che la visione d’insieme offerta da incarichi come quello assunto in questi anni da Melillo vada messa quanto meno sullo stesso piano dell’esperienza giurisdizionale. Il discorso d’altronde diventa ancora più complesso se si considera il caso di Petralia, che coordina una parte importante del lavoro alla Procura di Palermo e che nello stesso tempo vanta nel curriculum anche la presidenza della commissione del Csm per l’Organizzazione giudiziaria Nel corso di quel mandato, il magistrato siciliano ha valutato e dato il via libera proprio ai progetti organizzativi dell’ufficio inquirente partenopeo.

Da ultimo avrà un peso anche la prospettiva di carriera che i candidati hanno davanti. Il minimo richiesto è un periodo di 4 anni prima della pensione, e ovviamente tutti vantano il requisito. Cafiero de Raho arriverà alla fatidica soglia dei 70 tra 5 anni, Petralia tra 7 e Melillo tra 8 anni. Il vantaggio degli ultimi due c’è, anche se Melillo in linea teorica fra quattro anni avrebbe ancora abbastanza carriera a disposizione per concorrere a un ulteriore incarico. Aspetto che pare comunque meno significativo rispetto a quello delle capacità organizzative.

Il quadro che si apre per l’uscita dal ruolo di Giovanni Colangelo è dunque interessante anche come banco di prova per i criteri di scelta. A breve la quinta commissione inizierà le audizioni dei candidati, entro la primavera approverà le delibere che poi, dopo il “concerto” del ministro, saranno votate in plenum. Sul congedo del procuratore capo uscente, in ogni caso, a nulla sarebbe valso l’estremo tentativo compiuto da opposizione e minoranza pd in commissione Affari costituzionali al Senato per estendere a tutti i magistrati la proroga prevista per i vertici della Cassazione, visto che il provvedimento sarebbe comunque entrato in vigore dopo l’uscita di Colangelo.