Carlo Giovanardi è uno dei quattro o cinque che in aula si scontrano apertamente col presidente Pietro Grasso. «Non faccia il magistrato, si ricordi che l’ultima volta in cui ha agito d’autorità c’è stato un senatore, Antonio Caridi, che c’ha rimesso otto mesi di galera».

Il vertice di Palazzo Madama ha dato seguito alla decisione della capigruppo: rinvio del ddl penale in commissione Giustizia per il solo esame dell’emendamento sui costi delle intercettazioni. Si va di corsa. L’organismo presieduto dal Nico D’Ascola ( Ncd) si riunisce e fissa a lunedì il termine per i sub-emendamenti. Il giorno dopo si vota e l’intero pacchetto riatterra in Aula. Dove il ministro per i Rapporti col Parlamento Anna Finocchiaro potrebbe annunciar la fiducia nel pomeriggio stesso di martedì.

Altre ventiquattr’ore e Palazzo Madama potrebbe già pronunciarsi, anche se una coincidenza con la mozione su Luca Lotti rischia di creare un cocktail esplosivo. Fatto sta che il percorso è segnato in modo militare. Che si possa slittare di quarantott’ore cambia poco. Ed è impressionante il cambio di passo su un ddl che ha avuto vita travagliatissima fino a poche settimane fa: due anni tondi fermo al Senato, tra discussioni infinite e lunghe pause.

Ora in pochi giorni prima il Consiglio dei ministri autorizza la fiducia. Poi lo sprint sui costi (e la maggiore riservatezza) delle intercettazioni, quindi il voto dell’aula già in vista. Segno che il vero ostacolo alla riforma era nel rapporto tra Renzi e Orlando. Con l’ex premier che ha sempre preferito temporeggiare, non solo in prossimità del referendum. Vero che a Matteo altre scelte tutt’altro che garantiste non erano dispiaciute. Si pensi all’innalzamento delle pene contenuto nel ddl anticorruzione. Ma il suo scetticismo sul processo penale era legato alla prescrizione. Perché il famoso “compromesso” favorito da Orlando tra il Pd più giustizialista e l’Ncd allunga sì i tempi dei processi, ma non al punto da scongiurare le contumelie dei grillini. I quali hanno sempre detto, e ripeteranno a breve in Aula, che «si è fatto un piacere a mafiosi e corrotti».

IL MINISTRO COSTA: «PROCESSI INFINITI»

Resta la posizione molto severa del ministro agli Affari regionali Enrico Costa. Continua a «battersi per far emergere alcuni evidenti eccessi di questo ddl, a cominciare dalla prescrizione». Interpellato dal Dubbio, ribadisce: «Spiegatemi che senso ha portare un giudizio per corruzione a una durata massima di 18 anni. A me pare che nel complesso si imponga una linea molto vicina a quella dell’Anm. Non parlo del dettaglio di questa norma ma di un orientamento complessivo».

Poi aggiunge: «Già sappiamo che il 60 per cento delle prescrizioni interviene nella fase delle indagini. Se aumentiamo a dismisura il tempo per consumare i 3 gradi di giudizio, in particolare per i reati contro la pubblica amministrazione, facciamo un favore al magistrato che lavora meno e lascia accumulare i fascicoli sulla scrivania. Viene penalizzato chi chiede giustizia come chi vuole difendersi. Già abbiamo mille persone l’anno che ottengono il risarcimento per ingiusta detenzione. Tutta gente assolta che però, nella fase delle indagini, era stata arrestata. Mi dite che se ne fanno di un’assoluzione dopo vent’anni?». Nonostante la dura analisi di Costa non ci sarà un clamoroso ammutinamento dei senatori. Molti la pensano come l’ex viceministro alla Giustizia, ma l’Ncd non metterà a rischio l’esecutivo.

INTERCETTAZIONI, STOP FUGA DI NOTIZIE

Da considerare remota anche l’ipotesi di un maxiemendamento che accolga alcune lievi modifiche. Il timore del governo è che alterare l’instabile equilibrio della riforma possa peggiorare la situazione. In ogni caso Orlando ha innestato il turbo e non intende fermarsi. «Eserciterò la delega sulle intercettazioni in tempi strettissimi», assicura.

Mercoledì ha dato ampie garanzie a Rita Bernardini e ai radicali per i decreti delegati dell’altro “dossier aperto”, la riforma penitenziaria. Dopo l’ultimo breve passaggio alla Camera si andrà di filato anche su quelli. Sulle intercettazioni c’è oltretutto l’emendamento descritto in modo minuzioso dal ministro Finocchiaro (anticipato dal Dubbio ).  Prevista una «tipizzazione» delle «prestazioni funzionali alle intercettazioni». Che  dovrebbe far risparmiare alle Procure «almeno il 50 per cento rispetto alle tariffe vigenti», precisamente 80 milioni in 3 anni.

Non solo. Perché, oltre a indicare “costi standard” e a calmierare le pretese dei privati ( fornitori di server e assistenza in remoto), il decreto ministeriale successivo imporrà come prestazioni tariffabili solo quelle che obbediscono a precisi vincoli di sicurezza. A cominciare dal passaggio criptato dei dati con le registrazioni e i tabulati. Un sistema concordato da Orlando e dal suo capo di Gabinetto Giovanni Melillo con i vertici delle Procure. E che ha definitivamente convinto via Arenula a non perdere un minuto in più per portare a casa la riforma.