Non nasconde «sorpresa», il procuratore di Arezzo Roberto Rossi. Ha appena ascoltato il gup Anna Maria Loprete pronunciare sentenza di assoluzione per tutti e tre gli imputati del primo filone processuale su Banca Etruria: si tratta dell'ex presidente del cda Giuseppe Fornasari, dell'ex direttore generale Luca Bronchi e dell'attuale direttore centrale David Canestri. «Il fatto non sussiste», riguardo al primo capo d'imputazione, relativo all'accusa di aver ostacolato la vigilanza di Bankitalia attraverso il finanziamento degli acquirenti di Palazzo della Fonte, cuore del patrimonio immobiliare dell'istituto.«Non costituisce reato» l'altro fatto pure considerato dai pm aretini come una manovra ingannevole per sviare i controlli di Palazzo Koch, ovvero il presunto occultamento dei crediti deteriorati nel bilancio 2012. Si tratta solo del primo dei quattro filoni d'indagine aperti su Banca Etruria, uno dei quali avviato per l'ipotesi di truffa ai danni degli obbligazionisti. Con la pronuncia arrivata ieri al Tribunale di Arezzo non si può dunque considerare risolta la complessa vicenda giudiziaria, che ha lambito anche il padre del ministro Maria Elena Boschi, Pier Luigi, tra i componenti del vecchio cda ma non iscritto al registro degli indagati. È solo il primo round, e il procuratore Rossi annuncia: «Attendiamo di leggere le motivazioni, subito dopo proporremo appello». Si tratta comunque di un passaggio che può produrre riverberi anche sugli altri tre processi. Lo dimostra la reazione, durissima, dell'Associazione vittime del Salva-banche, di cui fanno parte appunto anche gli ex obbligazionisti di Banca Etruria: «Giudichiamo inammissibile e vergognosa l'assoluzione» per i tre vertici dell'istituto. Che i fatti contestati dalla Procura di Arezzo nel processo arrivato ieri alla sentenza di primo grado fossero rilevanti, lo spiega proprio la nota dell'Associazione: «Fornasari, Bronchi e Canestri erano accusati di aver occultato i crediti deteriorati facendoli apparire come incagliati, quindi ancora recuperabili: classificazione errata che avrebbe sviato, secondo l'accusa non riconosciuta dal gup, la vigilanza di Bankitalia».  La quale, è il punto chiave, «pretese poi una ricapitalizzazione evidentemente inferiore al necessario». Ma alla fine la linea difensiva ha retto. «La sentenza è molto importante e l'abbiamo accolta con grande soddisfazione», dice l'avvocato Antonio D'Avirro, legale di Fornasari, «viene smentita completamente l'impostazione accusatoria secondo cui gli imputati avrebbero ostacolato l'organo di vigilanza e non rappresentato correttamente certe operazioni». «È stato un processo inutile», si spinge a commentare Luca Fanfani, difensore di Canestrari. La partita è aperta, e da ieri il management non può essere più dato per sicuro perdente.