I toni sono amichevoli. Ma nei fatti, le distanze sulla prescrizione, da ieri, sono ancora più ampie. I dem non votano la “procedura d’urgenza” alla Camera sulla legge Costa, che abrogherebbe di colpo la norma Bonafede, ma annunciano per voce di Nicola Zingaretti: «Senza un accordo nei prossimi giorni, il Pd presenterà una sua proposta di legge», giacché «l’entrata in vigore delle norme sulla prescrizione, senza garanzie sulla durata dei processi» è «inaccettabile». Il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede non apre neppure uno spiraglio alle richieste del Nazareno: «Sarebbe un enorme passo indietro, mentre con la norma sulla prescrizione siamo a pochi passi da una svolta», fa sapere da via Arenula. E fa sapere pure di essere «scettico» sulla proposta di legge in arrivo dal Pd perché la “prescrizione processuale”, a suo giudizio «farebbe ritornare le cose al punto di partenza».

Distanze incolmabili, tempi ormai strettissimi, diplomazie sempre più impotenti: alle viste non ci sono nuovi vertici di maggioranza sulla giustizia. Il vicecapogruppo pd alla Camera Michele Bordo chiarisce la natura del testo in arrivo: «Si tratterà di un articolato breve, rivolto solo a fissare dei tempi massimi di durata dei giudizi». In aula la maggioranza regge, nel senso che respinge con comodo la corsia preferenziale sulla legge Costa: il Pd vota contro, e Bonafede vi coglie con «soddisfazione un segnale di «compattezza» del fronte governativo.

Ma intanto arriva il primo distinguo formale dei renziani, che disertano la votazione ( senza essere decisivi, perché i loro 24 deputati non avrebbero cambiato l’esito di 269 contrari contro 219 favorevoli). Italia viva affida a Maria Elena Boschi e Lucia Annibali la propria richiesta, rivolta «al governo», affinché si trovi «subito una soluzione», perché «in assenza di una revisione seria sulla durata dei processi, la norma sulla prescrizione potrebbe rivelarsi una ferita democratica».

Forza Italia definisce «pavidi» i dem e invece apprezza «quella parte di maggioranza che», parole di Enrico Costa, «non ha voluto lasciare le proprie impronte su questo scempio», cioè proprio Italia viva. Certo la stessa Forza Italia non fa l’impossibile perché possa consumarsi un blitz in aula: fa contare 19 assenti, che si sommano ai 12 della Lega e ai 5 di Fratelli d’Italia.

Bordo e l’intera war room democratica sulla giustizia, da Alfredo Bazoli a Walter Verini, confermano la linea ultimativa del segretario: nessun appoggio a proposte dell’opposizione ma, senza nuovi segnali da Bonafede, un’autonoma iniziativa del Nazareno «per impedire il rischio che con la nuova prescrizione i processi possano durare all’infinito», come spiega il bvicepresidente dei deputati dem.

Da ieri sembra definitivamente tramontata l’ipotesi di un blitz di fine anno. Il Pd non intende offrire comodi assist al Movimento 5 Stelle, pronto a scagliarsi sull’alleato qualora appoggiasse la legge Costa, che arriverà comunque in Aula prima di Capodanno. Già per la settimana prossima però i democratici potrebbero depositare a Montecitorio il loro testo di legge sulla “prescrizione processuale”, che fisserebbe un tempo limite per la durata della fase d’appello e del giudizio in Cassazione.

«È chiaro che la norma di Bonafede sulla prescrizione entrerà in vigore il 1° gennaio», nota Bordo, «ed è chiaro che sarà così anche grazie alla Lega: è stato il partito di Salvini, un anno fa, a dare via libera, non lo si dimentichi. D’altra parte», chiarisce ancora il vicecapogruppo dem, «non è ancora alle viste il ddl di riforma del processo».

L’idea iniziale del Pd era di emendarlo. Ma a questo punto i tempi della legge delega di Bonafede sono incerti, anche se il ministro vede «il momento buono per chiudere». I capigruppo 5s di Camera e Senato, Devis Dori e Arnaldo Lomuti accolgono «con piacere» il voto del Pd contrario alla corsia preferenziale per la legge Costa. Ma sul blog del Movimento viene ripreso con enfasi un sondaggio diffuso ieri dal Fatto quotidiano secondo cui il 57 per cento degli italiani sarebbe favorevole al blocca- prescrizione. «La maggioranza degli elettori è con noi», rivendica il partito di Grillo. Segno che di trattative, in realtà, non è proprio aria.