È un congresso teso, quello che si è aperto ieri a Genova alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: trentaquattresimo nella storia dell’Associazione Nazionale Magistrati, il primo dopo lo scandalo dell’estate che ha coinvolto il Csm e che ha fatto tremare le fondamenta della magistratura italiana. Proprio da qui è partito l’accorato intervento del presidente di Anm, Luca Poniz, che non ha girato intorno alla questione e ha esordito descrivendo quanto avvenuto come «una ferita che non riguarda solo Anm, ma tutta la magistratura e anche la giurisdizione. Ad essere in crisi sono stati il prestigio e l’autorevolezza di tutto il sistema giudiziario». Per questa ragione, ha spiegato Poniz, l’unica strada è quella di «ripartire dalla fiducia, che si conquista e si riconquista grazie all’apertura al confronto e anche alla critica, con disponibilità sincera al cambiamento».

Nella sua relazione, Poniz ha elencato tutti i virus che hanno pervaso la magistratura: «Il carrierismo dei magistrati, con la bulimica aspettativa di carriera individuale» e il «potere discrezionale del Csm nelle nomine» hanno provocato un «incrocio negativo», a causa anche di «un sistema attuale che è stato strumento di scientifica programmazione degli eletti nel Consiglio».

Conseguenza dello scandalo è stato il via alla riforma del Csm, nei confronti della quale è stata espressa «Viva preoccupazione» per i «principi ispiratori», perché «vi è una tendenza, non nuova, a limitare i poteri del Consiglio, quando non a ridefinirne riduttivamente il ruolo». Il riferimento è alla volontà di modifica del sistema elettorale, su cui Poniz non usa mezzi termini: «Ogni forma di sorteggio, quale ne sia la modalità, o sorteggio degli eletti, od elezione dei sorteggiati, oltre che contrastare frontalmente con l’attuale previsione costituzionale, ne costituisce un’evidente mortificazione».

Fortemente critico, poi, è stato il giudizio sulla cancellazione della prescrizione a partire dal 1 gennaio 2020, come previsto dalla norma Bonafede contenuta nella Spazzacorrotti: una riforma «svincolata dall’insieme di riforme strutturali necessarie», che «rischia di produrre squilibri complessivi». Poniz ha di nuovo proposto la soluzione cara ad Anm: «L’interruzione della prescrizione dopo la sentenza di condanna di primo grado», perchè non si può considerare «la prescrizione del reato, che a processo in corso è una patologia del sistema, come un farmaco per curare la lentezza del processo, che è un’altra patologia del sistema».

Quanto al rapporto tra magistratura e politica, Poniz ha sottolineato come «l’invito a candidarsi rivolto ai magistrati che assumono decisioni è una delegittimazione della giurisdizione stessa, come se il consenso popolare fosse l’unica regola della democrazia». Inoltre, ha evidenziato come sia necessaria una «riflessione sulla funzione e sull’ipertrofia del diritto penale, con l’idea della pena e delle sanzioni. Oggi si vuole usare il diritto penale per riflettere e ingigantire le paure, caricandolo di finalità contingenti e condizionandolo a discutibili emergenza. In questo modo si scarica una tensione enorme sui processi e sulla magistratura». Una tensione che provoca l’incrinarsi della fiducia dei cittadini nella giustizia «se la giurisdizione non è in grado di rispondere alle aspettative generate da norme manifesto», tra le quali ha elencato la legittima difesa e il pacchetto sicurezza.

Infine, Poniz ha ribadito alcuni principi fondamentali del sistema penale e soprattutto del momento esecutivo della pena ( su cui si fondava l’accantonata riforma del carcere promossa da Orlando): «Il condannato per qualunque reato è sempre persona da recuperare», «la contrarietà all’idea dell’esemplarità della pena, che contraddice ontologicamente il principio di personalità della sanzione e della rieducazione del condannato». Di più, Poniz ha scandito che «chi invoca che qualcun altro marcisca in carcere si pone automaticamente fuori dalla Costituzione». Proprio in merito alle riforme dell’ordinamento promesse dal Ministro Alfonso Bonafede, seduto in platea, Poniz ha confermato la disponibilità di Anm a lavorare ai tavoli ma ha posto l’attenzione sul fatto che «nessuna riforma a costo zero serve a qualcosa, senza riforme strutturali, del personale amministrativo, delle risorse per i costi del processo e di modernizzazione tecnologica e delle strutture».

Infine, il presidente Anm ha sottolineato l’importanza «del dialogo con gli avvocati, perchè avvocati e magistrati non sono solo tecnici del diritto ma portatori di una visione privilegiata, in quanto protagonisti della giustizia, anche nella contrapposizione di visioni». Tuttavia, il presidente ha aperto una dura polemica nei confronti dell’Unione camere penali italiane, che hanno presentato il disegno di legge per la separazione delle carriere dei magistrati. «In realtà si tratta della riscrittura di norme costituzionali e di principi cardine della giurisdizione, che potrebbe provocare l’espulsione della magistratura dai poteri dello stato» e «che comporterebbe il rischio per il pubblico ministero di una «controllabilità da parte del sistema politico», ha avvertito, definendo la riforma «un disegno regressivo che produrrebbe una giurisdizione ancillare e potenzialmente controllabile, in aperte contraddizione coi principi liberali cui gli autori dicono di volersi ispirare». Addirittura, Paniz ha lanciato «un appello ai giuristi, ai politici e agli avvocati, ai tanti, tra loro, che sappiamo non condividere questa iniziativa, perchè questo disegno di legge venga respinto».