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Corte costituzionale
«Contrasta con il principio di legalità la sospensione della prescrizione prevista qualora il capo dell’ufficio giudiziario adotti un provvedimento di rinvio dell’udienza penale, nell’ambito di misure organizzative volte a contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID-19 e a contenerne gli effetti negativi sullo svolgimento dell’attività giudiziaria». È quanto ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 140, depositata oggi (redattore Giovanni Amoroso) dichiarando illegittimo l’articolo 83, comma 9, del decreto legge n. 18 del 2020, nella parte in cui prevede la sospensione del corso della prescrizione «per il tempo in cui i procedimenti penali sono rinviati ai sensi del precedente comma 7, lettera g), e in ogni caso, non oltre il 30 giugno 2020». In particolare, si legge nel comunicato, «la Corte ha ravvisato la violazione del principio di legalità (sancito dall’articolo 25, secondo comma, della Costituzione) perché il rinvio delle udienze, cui si ricollega la sospensione della prescrizione, costituisce il contenuto soltanto eventuale di una misura organizzativa che il capo dell’ufficio giudiziario può adottare, quale facoltà solo genericamente delimitata dalla legge quanto ai suoi presupposti e alle finalità da perseguire». Secondo i giudici delle leggi «la previsione normativa della sospensione del decorso della prescrizione ha valenza sostanziale in quanto determina un allungamento complessivo del termine di estinzione del reato e, dunque, ricade nell’area di applicazione del principio di legalità che richiede - proprio perché incide sulla punibilità - che la fattispecie estintiva sia determinata nei suoi elementi costitutivi in modo da assicurare un sufficiente grado di conoscenza o di conoscibilità». «La norma censurata - spiega la Consulta - nel prevedere una fattispecie di sospensione del termine di prescrizione, rinvia a una regola processuale non riconducibile alle ipotesi indicate nell’articolo 159 del Codice penale, in quanto il suo contenuto è definito integralmente dalle misure organizzative del capo dell’ufficio giudiziario, "così esibendo un radicale deficit di determinatezza, per legge, della fattispecie, con conseguente lesione del principio di legalità limitatamente alla ricaduta di tale regola sul decorso della prescrizione"». A dicembre scorso la Corte si era espressa in merito alla cosiddetta “sospensione Covid” dichiarandola invece legittima. In quel caso lo stop disposto dai decreti legge Cura Italia e Liquidità, emanati tra marzo e aprile scorsi per contrastare l’emergenza Covid-19, non è stato ritenuto costituzionalmente illegittimo in quanto «è ancorata alla sospensione dei processi» dal 9 marzo all’11 maggio 2020, prevista per fronteggiare l’emergenza sanitaria. La sospensione della prescrizione rientra infatti nella causa generale di sospensione della prescrizione stabilita dall’articolo 159 del codice penale, che prevede, appunto, che il corso della prescrizione rimanga sospeso ogniqualvolta la sospensione del procedimento o del processo penale sia imposta da una particolare disposizione di legge, e quindi non contrasta con il principio costituzionale di irretroattività della legge penale più sfavorevole.