Non si tratta più solo di una trattativa tra le rispettive diplomazie. A questo punto la prescrizione è, almeno per il Pd, argomento in cima all’agenda politica. Lo si capisce da una batteria di dichiarazioni che, nel pomeriggio di ieri, convergono tutte a ribadire la linea del Nazareno: i «bilanciamenti» proposti da Bonafede sulla nuova prescrizione «non bastano», servono «processi rapidi» e soprattutto «tempi certi» sulla loro conclusione.

Lo dicono, nell’ordine, il numero due del partito Andrea Orlando, il vicecapogruppo alla Camera Michele Bordo, il presidente dei senatori Andrea Marcucci e diversi altri parlamentari ancora più sbrigativi nei toni, come l’altra vicecapogruppo alla Camera Alessia Rotta, che taglia corto: «La proposta di prescrizione così come è pensata dai grillini è irricevibile».

A irrigidire l’atteggiamento del Partito democratico è anche la scelta di campo fatta dal premier Conte. Il quale ieri ha detto ancora più a chiare lettere che a suo giudizio «la norma sulla prescrizione è giusta» e che «non c’è un particolare rischio immediato» nel fatto che entrerà in vigore «a gennaio 2020». È una linea assai vicina all’intransigenza finora esibita dal guardasigilli Bonafede.

A questo punto lo stop all’estinzione dei reati non è più solo materia dei vertici tra il ministro e la war room democratica: diventa divisiva all’interno dello stesso governo. Con tutto l’ulteriore carico di tensioni che ne può derivare. Eppure non ci sarà un big bang immediato. A lasciarlo intendere è proprio Orlando, che rispetto al dossier prescrizione ha titolo a intervenire anche quale autore della riforma precedente ( e ancora non messa alla prova): è il vicesegretario dem infatti a chiarire come al momento il suo partito non intenda sostenere la legge Costa, che abrogherebbe tout court il blocca- prescrizione di Bonafede. Addirittura Orlando, interpellato in Transatlantico, esclude anche un via libera alla procedura d’urgenza per esaminare la proposta del deputato di Forza Italia: «Prima va cercata un’intesa nella maggioranza», dice.

A decidere se calendarizzare subito la proposta degli azzurri sarà la capigruppo di Montecitorio: inizialmente prevista per oggi, si terrà domani alle 14. Ma non sarà il teatro di alcuno “sparo di Sarajevo”: per dare priorità al testo ci vorrebbe l’unanimità, esclusa in partenza per l’ovvio no del Movimento 5 Stelle. A decidere sarà perciò l’aula della Camera, la prossima settimana. Ma anche in quella sede il Pd eviterà colpi di scena: i conti sulla prescrizione non saranno comunque regolati con il via libera a una proposta di opposizione.

La tregua armata è destinata in realtà a durare ancora per molto. A meno che nel frattempo Pd e 5 Stelle non accettino il disarmo definitivo proposto dal presidente del Cnf Andrea Mascherin ( di cui si dà conto con ampiezza in altro servizio, ndr): ossia il rinvio della “nuova” prescrizione a fronte di un impegno del Pd a esaminare in tempi rapidi la riforma penale di Bonafede.

Proprio il ministro lascia intravedere spiragli di trattativa: «Ci saranno altri incontri nella maggioranza, non c’è un giorno ancora fissato, ma continuiamo a valutare una soluzione per portare avanti la riforma del processo penale». Bonafede sa che senza un’intesa sulla prescrizione anche il suo ddl delega rischia di arenarsi. Certo ora può contare sul sostegno del premier: sulla norma che elimina la prescrizione dopo il primo grado, dice Conte, non ci sono problemi «perché i nodi verrebbero al pettine laddove ci sarà un giudizio, quindi stiamo parlando degli anni a venire». Nel frattempo, aggiunhge, si troverà «il sistema per garantire il vincolo costituzionale della durata ragionevole dei processi». Ma senza un accordo col Pd, quelle garanzie resterebbero solo nel diario delle buone intenzioni.